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SEMINARIO EUROPEO SUGLI IMPIANTI A CO2
Componenti per impianti a CO2
Ezio Fornasieri, Claudio Zilio
Universita' di Padova - Dipartimento di Fisica Tecnica
Via Venezia, 1, I-35100 Padova - Italy
Argomenti trattati:
CAP. I NUOVI SVILUPPI NEGLI SCAMBIATORI DI CALORE PER CICLI CON ANIDRIDE
CARBONICA TRANSCRITICA
CAP. II L'OTTIMIZZAZIONE DEGLI SCAMBIATORI DI CALORE NEI CICLI
TRANSCRITICI A CO2
CAP. III CRITERI DI VALUTAZIONE DELL'EFFICIENZA DI SCAMBIATORI
ALETTATI, LATO ARIA
CAP. IV LE VALVOLE DI LAMINAZIONE NEI CICLI TRANSCRITICI A CO2
CAP. V COMPRESSORI PER I CICLI FRIGORIFERI TRANSCRITICI AD ANIDRIDE
CARBONICA
CAP. VI I LUBRIFICANTI PER COMPRESSORI FRIGORIFERI OPERANTI CON
ANIDRIDE CARBONICA
CAP. VII L'USO DEGLI ELASTOMERI CON L'ANIDRIDE CARBONICA
CAP. 1 NUOVI SVILUPPI NEGLI
SCAMBIATORI DI CALORE PER CICLI CON ANIDRIDE CARBONICA TRANSCRITICA
L'uso degli scambiatori raffreddati a liquido
e' tecnica ben nota per le applicazioni
subcritiche della R744. Nel caso di applicazioni transcritiche, ad esempio con acqua
raffreddata da torre evaporativa in regime estivo, le elevate pressioni in gioco possono
creano complicazioni nella progettazione delle testate dei fasci tubieri. Normalmente per
applicazioni di potenzialita' ridotta si ricorre a scambiatori del tipo a tubi
concentrici, eventualmente con piu' tubi in parallelo lato R744 (figura I. 1).
Figura I. 1. Sezione trasversale di un gas cooler raffreddato ad acqua
installato presso il Dipartimento di Fisica Tecnica - Universita' di Padova (R744
all'interno dei tubi da 6 mm)
Come si vedra'nei paragrafi che seguono, la CO2 offre interessanti possibilita' di
ottimizzazione dello scambio termico grazie alle sue peculiari proprieta' termofisiche. In
particolare, gli scambiatori ad aria forniscono maggiori flessibilita' di progettazione al
fine di sfruttare la meglio le potenzialita' di scambio termico offerte dalla CO2.
In termini generali, le alte pressioni operative e le favorevoli proprieta' termofisiche
consentono l'uso di diametri ridotti: tale aspetto
e' sicuramente favorevole dal punto di
vista della resistenza dei condotti alle alte pressioni operative del gas cooler. In tale
ottica e'
possibile anche l'impiego di tubi di rame di spessore opportuno. Chi scrive ha
testato dei gas cooler a batteria alettata in ciclo transcritico fino a 120 bar con tubo
in rame liscio da 3/8" e spessore da 0.75 mm.
In tabella I. 1 sono riportate (a titolo di esempio) le pressioni operative massime di
alcuni tubi in rame di tipo commerciale
Tabella I. 1. Pressioni operative e di scoppio per alcuni tipi di rame
commerciale in verghe
Dimensioni De x spess. (mm) |
Pressione di scoppio (bar) |
Press. di esercizio ASTM (bar) |
6 x 1 |
1003.0 |
250.8 |
8 x 1 |
752.3 |
188.1 |
10 x 1 |
601.8 |
150.5 |
In figura I. 2 si riportano le foto di un evaporatore e di una batteria con intercooler
integrato con il gas cooler per una macchina distributrice di bibite fresche operante con
R744 transcritica in ciclo bistadio (Yamazaki et al, 2004).
Figura I. 2. Gas cooler ed intercooler nella batteria a sinistra, evaporatore a destra, per un macchina distributrice di bevande (Yamasaki et al, 2004)
Tuttavia le opportunita' migliori di ottimizzazione dei gas coolers vengono dalla innovativa tecnologia degli scambiatori con tubi a minicanali in alluminio che consentono anche un notevole incremento delle prestazioni lato aria. Un esempio realizzativo e' riportato in figura I. 2. Tubi con canali di diametro inferiore a 0.8 mm sono attualmente impiegati nei vari prototipi disponibili per uso automobilistico e per uso residenziale (Kim et al, 2004, figure I. 3 e 4).
Figura I. 3. Sezione trasversale di un gas cooler con tubi piatti a
minicanali in alluminio (Kim et al, 2004)
Figura I. 4.
Sezione trasversale di un evaporatore con tubi piatti a
minicanali in alluminio (Kim et al, 2004)
L'uso dei tubi a minicanali negli evaporatori e' reso piu' complicato dalle difficolta' nel distribuire uniformemente la portata di fluido bifase tra i vari circuiti. In tal senso, il fluido R744, grazie alla sua alta pressione operativa, e'favorito e, come si vedra' nei prossimi paragrafi, sono richiesti meno circuiti. Questa peculiarita' ha permesso, ai produttori di sistemi per autoveicoli di realizzare delle configurazioni "a serpentina" che riducono in modo significativo i problemi di distribuzione (figura I. 5).
Figura I. 5. Esempio di evaporatore"a serpentina" con tubi
piatti a minicanali in alluminio
Un problema tuttavia non risolto completamente resta quello del drenaggio dell'umidita' condensata, specie alle piu' ridotte portate d'aria, e degli sbrinamenti.
Un altro componente molto importante nei sistemi transcritici a R744
e'
lo scambiatore
rigenerativo, posto all'uscita dell'evaporatore per ottenere lo scambio termico con il gas
denso in uscita dal gas cooler. Numerosi esempi di scambiatori compatti sono stati
sviluppati per l'industria automobilistica (figura I. 6, in Kim et al 2004). Altri esempi
di scambiatore rigenerativo sono stati ottenuti integrando un serpentino all'interno del
ricevitore di bassa pressione (figura I. 7)
Figura I. 6. esempio di scambiatore rigenerativo con tubi piatti a
minicanali in alluminio (Kim et al, 2004)
Figura I. 7. esempio di scambiatore rigenerativo con serpentino integrato
nel ricevitore di bassa pressione (Fritz, 1999)
BIBLIOGRAFIA
Yamasaki H., Yamanaka M., Matsumoto K., Shimada G.: "Introduction of transcritical
refrigeration cycle utilizing CO2 as working fluid", Proc. Int. Compressor Eng. Conf.
Purdue, 2004.
Kim M.-H., Pettersen J., Bullard C.: "Fundamental process and system design issues in
CO2 vapor compression systems", Progress in energy and combustion science, vol. 30,
pp. 119-174, 2004.
Fritz T.: "Connecting components for CO2 circuits", SAE Automotive Alternate
Refrigerants Systems Symposium., 1999.
CAP. II L'OTTIMIZZAZIONE DEGLI SCAMBIATORI DI CALORE NEI
CICLI TRANSCRITICI A CO2
L'ottimizzazione degli scambiatori di calore
e'
essenziale per ottenere la massima
efficienza energetica di qualunque impianto frigorifero e riguarda principalmente il
disegno dei circuiti percorsi dal fluido frigorigeno, oltre che la scelta del tipo di
geometria, eventualmente con superficie intensificata, che realizzi un buon compromesso
tra cadute di pressione e coefficiente di scambio. Gli impianti a CO2 pongono dei problemi
peculiari che riguardano il progetto del gas cooler, mentre agli evaporatori possono
applicarsi i criteri che si impiegano nei tradizionali circuiti frigoriferi e che qui
saranno richiamati.
1. L'ottimizzazione circuitale degli evaporatori
1.1. La configurazione dei deflussi
Si ritiene comunemente che per un fluido in cambiamento di fase il senso del deflusso
relativo tra i due fluidi non influenzi per nulla le prestazioni termiche dello
scambiatore: ci in ragione dell'isotermia di una trasformazione isobara. Tuttavia spesso
si dimentica che tale affermazione corrisponde al vero solo per il caso teorico che porta
a definire il valore medio della differenza logaritmica delle temperature, mentre in un
caso applicativo vengono a cadere i due presupposti su cui si basa questa teoria:
l'uniformita' del coefficiente globale di scambio termico, che varia in funzione del
titolo e della differenza di temperatura tra fluido e parete, e la costanza della
temperatura del fluido in cambiamento di fase, che invece cambia per effetto delle
inevitabili variazioni di pressione.
In figura II. 1 sono rappresentai i profili di temperatura lungo un evaporatore in
controcorrente, sia nel caso ideale di assenza di cadute di pressione, che in un processo
reale.
Figura II. 1: Profili di temperatura lungo un evaporatore in
controcorrente.
Se si considera assente la sezione di surriscaldamento, tipica degli evaporatori ad
espansione secca, si nota che, a parita' della pressione di aspirazione del compressore,
le perdite di carico penalizzano lo scambio termico, in quanto riducono la differenza di
temperatura, che e'
la forza motrice di tale processo. A questo punto, si puo' immediatamente concludere che esiste una differenza fondamentale tra il deflusso in
controcorrente e quello in equicorrente: nel primo, rappresentato in figura II. 1, la
caduta di pressione massima avviene in corrispondenza alla minima differenza di
temperatura tra i fluidi, mentre nel secondo, facilmente immaginabile, la massima
riduzione del potenziale di scambio avviene in corrispondenza della massima differenza di
temperatura tra i fluidi; una semplice verifica, attuata mediante simulazione numerica
permette di concludere che nel caso equicorrente la penalizzazione dello scambio termico
e'
inferiore.
Un effetto analogo avviene in relazione alle variazioni del coefficiente globale di
scambio termico, che tende ad aumentare con il titolo di vapore e quindi nel senso del
deflusso del fluido evaporante:
e'
facile verificare che ai fini di rendere massimo lo
scambio termico e'
preferibile avere il valore massimo del suddetto coefficiente globale
in corrispondenza al valore minimo della differenza di temperatura tra i fluidi e non
viceversa.
Si conclude quindi che, per quanto riguarda esclusivamente il processo di cambiamento di
fase, sarebbe preferibile il deflusso in equicorrente, contrariamente alla prassi
universalmente diffusa nel progetto degli evaporatori. La spiegazione di questa apparente
difformita' tra la teoria e la pratica sta nel processo di surriscaldamento, essenziale al
modo di operare delle piu' diffuse valvole di laminazione: il surriscaldamento
e'
spesso
un processo critico a causa di una differenza di temperatura troppo limitata tra i due
fluidi e pertanto con la disposizione in controcorrente si rimedia a tale inconveniente.
Ci per non toglie che con altre valvole di laminazione, o con condizioni operative
meno penalizzanti per il processo di surriscaldamento, la disposizione in controcorrente
possa presentare dei vantaggi. In ogni caso, il migliore risultato si ottiene con una
circuitazioni complessa, che abbini il percorso in equicorrente per il cambiamento di fase
con una sezione di surriscaldamento collocata in corrispondenza all'ingresso dell'aria.
1.2. La scelta del numero dei circuiti
In figura II. 2 e'
illustrato un esempio di batterie alettate con la stessa geometria
fondamentale, ma differenti tra loro per il numero dei circuiti interni. E' evidente che
al diminuire del numero dei circuiti aumenta la portata specifica di massa del fluido
evaporante: ci comporta un incremento del coefficiente di scambio, ma anche delle
perdite di carico, che aumentano in modo molto significativo, anche perche' lo sviluppo di
un singolo circuito e'
inversamente proporzionale al numero complessivo dei circuiti. La
perdita di carico non deve essere intesa come una penalizzazione termodinamica del ciclo
(dato che, comunque, attraverso la valvola di laminazione si avrebbe una caduta di
pressione pari alla differenza tra quella di condensazione e quella di evaporazione), ma
esclusivamente come penalizzazione dello scambio termico, poiche', considerando come
condizioni al contorno prefissate quelle relative all'aspirazione e alla mandata del
compressore, nonche' la temperatura del liquido all'uscita del condensatore, il suo unico
effetto e'
di abbassare la differenza di temperatura media tra i due fluidi.
Ne consegue che, al variare del numero dei circuiti si verificano variazioni parallele nel
coefficiente di scambio termico superficiale e nelle cadute di pressione, con effetti
contrastanti sullo scambio termico e pertanto l'ottimizzazione progettuale consiste nella
ricerca del migliore compromesso: la variabile da ottimizzare
e' quindi il numero dei
circuiti, mentre l'obiettivo dell'ottimizzazione
e'
semplicemente realizzare il massimo
flusso termico con prefissate condizioni al contorno sui due fluidi.
Figura II. 2: Esempio di batterie alettate con differente numero di circuiti
Quando si confrontano le prestazioni di fluidi frigorigeni diversi relativamente allo
scambio termico, non e'
pertanto sensato ipotizzare uguali portate specifiche di massa, ma
si devono considerare i valori che corrispondono all'ottimizzazione. Una completa
trattazione teorica su questo argomento
e' stata proposta da Cavallini (2002), il quale
introduce la definizione del cosiddetto Penalty Factor, che rappresenta la condizione di
uguale penalizzazione per perdite di carico e formula per i condensatori un criterio di
ottimizzazione, basato su tale concetto: in estrema sintesi, la scelta del numero dei
circuiti dovrebbe portare ad una caduta di temperatura per perdite di carico pari a circa
la meta' della differenza di temperatura tra parete e fluido.
E' interessante a questo punto valutare l'efficienza di scambio termico dei fluidi
frigorigeno, allo scopo di confrontare in questo ambito la CO2 con i fluidi tradizionali.
Coerentemente con la teoria esposta, si possono individuare nella densita' del vapore rv e
nel coefficiente di conduttivita' termica del liquido ll le proprieta' del refrigerante
che piu' delle altre favoriscono il raggiungimento di un'elevata efficienza nello scambio
termico (significa scambiare piu' flusso termico, a parita' di area e di temperature di
saturazione al contorno del compressore, oppure, a parita' di area e di flusso termico,
ottenere condizioni piu' favorevoli al compressore).
Sull'effetto della conduttivita' termica del liquido non serve spendere troppe parole,
poiche' risulta evidente dalla struttura delle correlazioni usate per la previsione del
coefficiente di scambio termico che tale parametro
e' all'incirca proporzionale a ll,
mentre le perdite di carico non ne sono influenzate.
L'analisi degli effetti della densita' del vapore e'
invece piu' complicata poiche' chiama
in causa sia il coefficiente di scambio, sia la caduta di pressione. In generale si puo' dire che al diminuire della densita' aumentano entrambe le variabili, ma con un aumento piu' marcato della caduta di pressione. Cio'
e' particolarmente evidente per il caso
limite del deflusso in fase vapore, dove, a parita' di portata di massa, la densita' non
ha alcun effetto sul coefficiente di scambio, mentre le perdite di carico sono, in prima
approssimazione, inversamente proporzionali al valore della densita' stessa. In
cambiamento di fase il coefficiente di scambio convettivo
e'
invece leggermente favorito
da una bassa densita' del vapore, ma non in maniera cosi' evidente come accade, in senso
negativo, per le cadute di pressione.
La densita' del vapore inoltre ha un altro effetto importante nel determinare la
dipendenza funzionale tra la caduta di temperatura e la caduta di pressione in condizioni
di saturazione, come risulta dall'equazione di Clausius-Clapeyron:
(1)
dove r rappresenta il calore latente di trasformazione, T la temperatura assoluta di
trasformazione e rv e rl rappresentano le densita' del vapore e del liquido.
Secondo l'equazione di Clausius-Clapeyron, dimezzare la densita' del vapore significa,
grosso modo, raddoppiare la caduta di temperatura correlata alla stessa caduta di
pressione, amplificando notevolmente l'effetto negativo delle perdite di carico.
Il calore latente di cambiamento di fase non ha invece praticamente alcun effetto
sull'efficienza di scambio termico del fluido, anche se, a prima vista, sembrerebbe
influenzare negativamente il processo, dato che, a parita' di ogni altra condizione, la
lunghezza di tubo, e quindi la perdita di carico,
e' direttamente proporzionale al suo
valore. Cio' in effetti risponde a verita', ma bisogna pure considerare che none'
la
caduta di pressione, ma la caduta di temperatura che influisce sullo scambio termico e che
l'effetto negativo sulla caduta di pressione si compensa esattamente per la variazione
della derivata dt/dp governata dalla legge di Clausius-Clapeyron.In Tabella 1 sono riportate le
proprieta' che maggiormente influenzano lo scambio termico
di evaporazione per diversi fluidi, alle temperature di -30C e 0C.
Tabella II. 1. proprieta' dei fluidi che influenzano lo scambio termico
(calcolate alla temperatura media bolla-rugiada).
ll = conduttivita' termica del liquido rv = densita' del vapore
t e= -30 C |
t e= 0 C |
|||||
p sat |
ll |
r v |
p sat |
ll |
r v |
|
[bar] |
[W m-1K-1] |
[kg m-3] |
[bar] |
[W m-1K-1] |
[kg m-3] |
|
R22 | 1,64 |
0,1084 |
7,38 |
4,98 |
0,0947 |
21,23 |
R407C | 1,62 |
0,1187 |
7,21 |
5,13 |
0,1020 |
21,88 |
R134a | 0,84 |
0,1058 |
4,43 |
2,93 |
0,0920 |
14,43 |
R410A | 2,79 |
0,1293 |
10,57 |
7,99 |
0,1099 |
30,63 |
R404A | 2,05 |
0,0862 |
10,69 |
6,05 |
0,0740 |
30,72 |
R744 | 14,28 |
0,1469 |
37,10 |
34,85 |
0,1104 |
97,65 |
Se si confrontano le proprieta' dell'anidride carbonica con quelle dei fluidi
tradizionali, si evince che il primo fluido
e' nettamente favorito, sia per quanto
riguarda il coefficiente di conduttivita' termica del liquido, sia, soprattutto, per la
densita' del vapore, che risulta superiore di un fattore compreso tra 3 e 8. Il vantaggio
che ne deriva e'
molto significativo, basti pensare che, a parita' di penalizzazione per
caduta di temperatura, la diminuzione della derivata dt/dp consente perdite di carico che
stanno tra loro nel rapporto delle densita' di vapore, essendo trascurabile la densita' del liquido nell'eq. (1).
La quantificazione del vantaggio in termini di efficienza dipende dal particolare
scambiatore che si considera e dalle sue condizioni operative; un ordine di grandezza puo' essere ottenuto per analogia dai dati proposti in Casson et al (2003), dove per una tipica
unita' "split system" per il condizionamento domestico sono stati calcolati gli
incrementi della temperatura di cambiamento di fase, a parita' di potenza frigorifera,
ottenuti cambiando il fluido frigorigeno, sotto il vincolo di ottimizzare di volta in
volta la portata specifica di massa. La miscela R410A, sotto queste ipotesi, ha permesso
di elevare la temperatura di saturazione all'aspirazione del compressore dal valore di
6C, assunto per il caso di riferimento (R22), a 6,8C; per quanto riguarda la CO2, i
dati di tabella 1 mostrano caratteristiche di scambio termico nettamente migliori di
quelle dell'R410A e, conseguentemente lasciano prevedere incrementi di temperatura molto
maggiori.
Da quanto esposto si puo' concludere che, tra i possibili fluidi utilizzabili nei cicli a
compressione di vapore, l'anidride carbonica e' senz'altro quello che presenta le proprieta' piu' favorevoli per lo scambio termico in evaporazione; per sfruttare al
massimo queste sue potenzialita' positive
e' necessario ottimizzare il progetto dello
scambiatore con riferimento soprattutto al numero dei circuiti, oppure al criterio
equivalente della portata specifica di massa all'interno dei tubi. Come regola generale,
un evaporatore per CO2 deve utilizzare tubi di diametro minore e/o un numero ridotto di
circuiti; un criterio teorico di ottimizzazione gia' ricordato (Cavallini, 2002), dedotto
teoricamente per i condensatori e probabilmente applicabile anche agli evaporatori,
suggerisce di progettare lo scambiatore per una caduta di temperatura pari al 50% della
differenza tra temperatura di parete e temperatura di saturazione.
2. L'ottimizzazione circuitale del gas cooler
2.1. La configurazione dei deflussi
Il caso di un raffreddatore di gas denso (aeriforme a pressione ipercritica) in un ciclo
transcritico e'
considerevolmente diverso dal caso di un condensatore, che
e' l'organo
analogo impiegato nel ciclo tradizionale a compressione di vapore.
Una differenza sostanziale riguarda il coefficiente di scambio, che, a parita' di portata
specifica di massa, presenta un massimo pronunciato in corrispondenza della temperatura
pseudocritica, definita come la temperatura alla quale si verifica, per una determinata
pressione, non troppo lontana da quella critica, il massimo valore del calore specifico.
Ci deriva principalmente dall'andamento del numero di Prandtl in funzione della
temperatura e della pressione, quale e'
illustrato in figura II. 3. Si tenga presente che
il coefficiente di scambio e'
all'incirca proporzionale a Pr0,4 e che per l'isobara
critica Pr quando T Tcr.
Figura II. 3: Numero di Prandtl Pr della CO2, in funzione della pressione e della temperatura T.
Ai fini dell'ottimizzazione della configurazione dei deflussi
e' per molto piu' significativo il fatto che la CO2 sia soggetta ad un'ampia variazione di temperatura tra
ingresso ed uscita, mentre un fluido condensante devia dall'isotermia solo per effetto
delle variazioni di pressione.
Questo esteso intervallo di temperatura favorisce l'anidride carbonica quando il fluido
secondario presenta una limitata capacita' termica di flusso e pertanto
e' a sua volta
soggetto ad una rilevante escursione di temperatura. In questo caso diventa per
importante configurare i deflussi in modo da approssimare quanto piu' strettamente
possibile una ideale controcorrente; d'altra parte, uno scambiatore alettato con
minicanali, che rappresenta la tecnologia di elezione per il ciclo transcritico a CO2,
tipicamente configura un deflusso trasversale, per cui l'approssimazione al controcorrente puo' essere realizzata solo ponendo piu' scambiatori elementari in serie tra loro sul lato
aria.
L'incremento di efficienza nel passaggio da corrente incrociata a controcorrente dipende
dal valore del parametro NTU (Number of Thermal Units) e dal rapporto Rc tra le capacita' termiche di flusso dei due fluidi, secondo la dipendenza funzionale illustrata nel
diagramma di fig. 4. In questo diagramma, riferito al caso ideale di uniformita' del
coefficiente di scambio termico e delle proprieta' dei fluidi, per il deflusso a correnti
incrociate, si e'
considerato deflusso non miscelato per il fluido con minore capacita' termica di flusso, ipotizzato all'esterno dei minicanali e quindi guidato dalle alette,
mentre e'
stato ipotizzato come perfettamente miscelato il fluido interno ai minicanali,
in quanto la sua temperatura viene resa quasi perfettamente uniforme sulla sezione di
flusso dalla conduzione lungo le pareti (Asinari et al., 2003).
I dati di figura II. 3 mostrano che, eccettuati i casi caratterizzati da capacita' termiche di flusso delle due correnti molto squilibrate tra loro, per ottenere elevate
efficienze di scambio termico non basta incrementare la trasmittanza dello scambiatore, ma
e' essenziale anche disporre i deflussi, almeno approssimativamente, in controcorrente.
Ovviamente, in tutte le situazioni in cui i valori del parametro NTU sono bassi (p. e.,
minori di 0,8), oppure sono bassi i rapporti tra le capacita' termiche di flusso (p. e.,
minori di 0,1), il deflusso in controcorrente offre trascurabili vantaggi rispetto a
quello a correnti trasversali; bisogna tuttavia rilevare che la ricerca, sempre piu' pressante, di efficienze energetiche sempre piu' elevate sembra escludere questi casi
limite e pertanto, nel caso degli scambiatori con minicanali, la possibilita' di prevedere piu' scambiatori in serie sul lato aria va sempre presa in considerazione.
Figura II. 4: Efficienza termica di scambiatori in controcorrente (CC) e
a correnti incrociate (CI).
2.2. La scelta del numero dei circuiti
Anche in questo caso, come avviene per gli scambiatori soggetti a scambio termico
bifase, la scelta del numero dei circuiti determina la loro lunghezza e la portata
specifica di massa che li percorre. Pertanto, in perfetta analogia con quanto avviene per
i condensatori e gli evaporatori dei tradizionali circuiti frigoriferi, tale scelta deve
realizzare il migliore compromesso tra il coefficiente di scambio e la perdita di carico,
che aumentano insieme con la portata specifica di massa.
Il criterio di ottimizzazione e'
tuttavia differente: nei processi di cambiamento di fase,
la caduta di pressione penalizza lo scambio termico per effetto della concomitante caduta
della temperatura di saturazione e pertanto il criterio di ottimizzazione
e' semplicemente
la massimizzazione del flusso scambiato per unita' di lunghezza di tubo, mentre nel caso
del gas cooler, il profilo di temperatura della CO2 ipercritica
e' solo marginalmente
influenzato dalla pressione. Si vede tuttavia chiaramente nel diagramma di figura II. 5
che all'uscita del fluido frigorigeno dal gas cooler, a parita' di temperatura, il valore
della sua entalpia tende ad aumentare quando la pressione diminuisce e quindi
all'incrementare delle perdite di carico diminuisce l'effetto frigorifero specifico.
Esiste allora un valore ottimale del numero dei circuiti che risulta da una temperatura di
uscita bassa, favorita da un elevato valore della trasmittanza, e da un valore basso
dell'entalpia, favorito da una pressione elevata.
Figura II. 5: Diagramma pressione-entalpia della CO2.
BIBLIOGRAFIA
Cavallini A.: "Heat transfer and energy efficiency of working fluids in mechanical
refrigeration", Bullettin IIR, 6/2002, pp. 5-21, 2002.
Casson V., Cecchinato L., Corradi M., Dal Belin G., Fornasieri E. e Zilio C.:"La
determinazione delle prestazioni di fluidi frigorigeno HFC dal punto di vista
dell'efficienza di scambio termico", Atti del 58 Congresso Nazionale ATI, Padova -
San Martino di Castrozza, Vol. 3, pp. 2201-2212, 2003.
P. Asinari, L. Cecchinato e E. Fornasieri: "Effects of thermal conduction in
microchannel gas coolers for carbon dioxide" International Journal of Refrigeration,
Vol. 27 (2004), pp. 577-586.
CAP. III CRITERI DI
VALUTAZIONE DELL'EFFICIENZA DI SCAMBIATORI ALETTATI, LATO ARIA
L'argomento della valutazione dell'efficienza energetica di diverse geometrie di scambio
termico e'stato trattato in numerosi studi apparsi nella letteratura scientifica, ma
e' opportuno chiarire subito che non esiste un criterio di valutazione universale, valido per
ogni situazione progettuale, bensi' una molteplicita' di criteri, differenziati tra loro
per la funzione obiettivo e per i vincoli di progetto. Come esempio delle diverse funzioni
obiettivo si possono citare la massimizzazione dello scambio termico, o la minimizzazione
dell'energia spesa per la circolazione dell'aria, o ancora la minimizzazione dell'area
della superficie di scambio o dell'ingombro dello scambiatore.
In questo contesto, non e'
sempre agevole individuare la geometria ottimale, in quanto
deriva dal migliore compromesso tra esigenze spesso contraddittorie:
e' tuttavia possibile
individuare alcuni criteri di confronto abbastanza generali, che permettono una
valutazione di due diverse superfici di scambio dal punto di vista delle loro prestazioni
energetiche globali.
Dato che sarebbe spesso opinabile valutare quantitativamente in termini di efficienza
energetica globale il risultato di un incremento della trasmittanza termica ottenuto a
spese di un incremento della potenza spesa per la ventilazione, tali criteri si basano
essenzialmente sul confronto tra le trasmittanze termiche di due superfici, a
parita' di
potenza spesa per la ventilazione, o, viceversa, tra i dati di potenza di ventilazione, a
parita' di trasmittanza. La costanza di uno dei termini della funzione obiettivo implica
necessariamente diverse velocita' dell'aria, ma questa esigenza non toglie senso pratico
al confronto, se si accetta che questo sia condotto a parita' di superficie di scambio (o
a parita' di volume) ed a parita' di portata di massa dell'aria. Da ci risulta che lo
scambiatore che lavora a piu' bassa velocita' dell'aria, si caratterizza per maggior
superficie frontale e minor spessore; si noti che, a parita' di velocita' frontale
dell'aria e a parita' di volume dello scambiatore, la potenza spesa per la circolazione
dell'aria non dipende dalle dimensioni dello stesso.
Un tale criterio di confronto e'
quello che viene generalmente individuato con il termine
"Area Goodness Factor Comparison" (AGFC), che si concreta nel tracciare in un
diagramma cartesiano una curva per ciascuna superficie oggetto della valutazione, che
rappresenti il coefficiente di scambio termico a (cioe' la trasmittanza per unita' di
superficie) sulla scala delle ordinate e la potenza spesa per unita' di superficie P/A
sulla scala delle ascisse .
Un esempio dell'applicazione di tale criterio
e' riportato in figura III. 1. Le curve che
si vedono sono relative a tre generiche geometrie, caratterizzate da diverse prestazioni,
in termini di coefficiente di scambio superficiale e correlate perdite carico, i cui
valori numerici sono da intendersi in senso relativo.
Il punto A ed il punto B rappresentano due condizioni operative caratterizzate dallo
stesso coefficiente di scambio, ma da valori molto diversi dell'energia spesa nei
ventilatori, mentre ragionando a parita' della spesa di energia si vede la geometria piu' efficiente (la 1) offre un valore piu' elevato per il coefficiente di scambio termico. Il
guadagno di trasmittanza e'
quindi indicato in figura III. 1 dall'ampiezza del segmento
A-B, mentre il risparmio di energia e'
indicato dal segmento A-C; se l'obiettivo fosse la
riduzione dell'area di scambio, a parita' di trasmittanza termica e di spesa energetica,
si potrebbe dimostrare che il rapporto delle aree
e' uguale al rapporto (C-O/D-O) tra i
segmenti delimitati su una retta tracciata per l'origine degli assi coordinati dai punti
di intersezione con le curve a-P/A.
Figura III. 1: Un esempio di confronto tra diverse geometrie in termini
di "Goodness Area Factor".
Da notare che le condizioni operative alle quali sono confrontate le diverse geometrie
comportano diverse velocita' dell'aria: la geometria piu' efficiente richiede velocita' piu' basse, sia quando il confronto
e' fatto a parita' di trasmittanza, che quando
e' fatto a parita' di energia spesa. Ci implica scambiatori di forma piuttosto diversa, se
si ipotizza stessa area di scambio e stessa portata d'aria e gli scambiatori presentano
uguale densita' di superficie di scambio: in particolare, lo scambiatore piu' efficiente
risulta quindi piu' piatto, cioe' con maggiore area frontale e minore spessore.
Un altro criterio, spesso usato, deriva dal precedente, moltiplicando entrambe le
grandezze in ascissa ed ordinata per la densita' si superficie dello scambiatore, cioe' il
rapporto A/V tra area della superficie di scambio e volume di ingombro: questa volta la
potenzialita' di scambio termico e la perdita di potenza per attrito sono confrontate
l'una con l'altra non sulla base di una stessa area superficiale, ma sulla base di uno
stesso volume di ingombro; in questo caso la variabile in ordinata (a A)/V rappresenta la
potenza termica trasmessa per unita' di differenza di temperatura e per unita' di volume,
mentre la variabile in ascissa P/V rappresenta la potenza meccanica dissipata per unita' di volume. Tale criterio viene generalmente indicato con il termine "Volume Goodness
Factor Comparison" (VGFC).
E' difficile dire quale dei due criteri prima elencati sia il migliore: nel caso,
abbastanza comune, di confrontare due sistemi con la stessa densita' superficiale, sono
evidentemente equivalenti; altrimenti la preferenza puo' essere data all'uno o all'altro
in funzione dell'importanza che l'utilizzatore annette all'ingombro, o all'estensione
superficiale. In linea generale, si verifica che una superficie a scambio termico
intensificato richiede una minore velocita' frontale dell'aria per dar luogo alla stessa
dissipazione di potenza meccanica di una superficie convenzionale e come conseguenza, per
mantenere la portata ai valori di progetto, lo scambiatore assume una forma alquanto
piatta. Cio' e' sfavorevole alla compattezza, intesa come basso rapporto tra superficie
esterna e volume, condizione che richiede un equilibrio tra le tre dimensioni fondamentali
dello scambiatore. Questo e'
certamente un limite delle superfici migliorate, ma quando le
condizioni di utilizzazione non ostano all'impiego di ampie superfici frontali, si puo' ottenere l'ulteriore vantaggio di una rumorosita' ridotta.
Goodness factors e scambiatori a minicanali
Gli scambiatori a tubi piatti con minicamali interni presentano valori particolarmente
favorevoli per i menzionati indici di efficienza, in quanto combinano insieme i vantaggi
delle superfici con intagli a persiana con quelli propri dei tubi piatti.
Le superfici con alette intagliate (louvered o slitted) hanno dimostrato inconfutabilmente
la loro superiorita' sulle superfici con alette continue, pur dotate di varie
corrugazioni, nel caso dei tradizionali scambiatori a tubo alettato con tubi circolari:
e' un fatto noto che i fornitori di condizionatori d'aria autonomi ad espansione diretta
privilegiano questo tipo di superficie quando sono permesse ampie superfici frontali e
quindi ridotte velocita' dell'aria, poiche' presentano un migliore compromesso tra
coefficiente di scambio termico e potenza dei ventilatori, nonche' minore
rumorosita'.
Le ragioni teoriche che stanno alla base del loro successo risiedono sullo sfruttamento
del continuo rinnovo dello strato limite che si ottiene sul bordo di attacco degli
intagli, essendo noto che il coefficiente locale di scambio termico
e' tanto piu' elevato,
quanto piu' ridotto e'
lo spessore dello strato limite, che, a sua volta, comincia a
formarsi sul bordo d'attacco e cresce nel percorso del fluido che lambisce l'aletta. Le piu' moderne geometrie di batterie alettate si avvalgono anche della riduzione del
diametro dei tubi: il tubo da 7 mm in queste applicazioni
e'
diventato molto comune ed ha
soppiantato il classico tubo da 3/8": anche questa innovazione contribuisce a ridurre
lo spessore medio dello strato limite.
Negli scambiatori a tubo piatto l'uso di alette intagliate
e'
generalizzato, ma non
rappresenta l'unica spiegazione della loro superiore efficienza, in quanto il passaggio da
tubi circolari a tubi piatti rappresenta un fattore decisivo. Infatti con il tubo a
sezione circolare si crea una scia vorticosa nella regione retrostante, che, pur
incrementando la perdita di carico, rappresenta una zona di bassa intensita' di scambio
termico, mentre il tubo piatto ha un comportamento fluidodinamico molto piu' favorevole,
essendo fortemente ridotta la scia e la superficie in contatto con essa.
CAP. IV LE VALVOLE DI LAMINAZIONE NEI CICLI
TRANSCRITICI A CO2
1. Generalita'
La valvola di laminazione nei cicli inversi transcritici ha una funzione
nettamente differente da quella che assume nei cicli tradizionali a compressione di
vapore, nei quali rappresenta essenzialmente un regolatore di portata che si adegua al
valore risultante dall'equilibrio delle curve caratteristiche dei tre organi fondamentali
del circuito, cioe' compressore, evaporatore e condensatore.
Quanto sopra si applica strettamente alle valvole piu' diffuse, che sono la valvola
termostatica, usata per l'alimentazione degli evaporatori ad espansione secca e le valvole
a livello costante (in alta e in bassa pressione), usate per l'alimentazione degli
evaporatori annegati. Per usare un'immagine intuitiva e forse leggermente superficiale, la
funzione di queste valvole di laminazione
e' quella di alimentare l'evaporatore con la
portata che questo e'
in grado di evaporare: appare chiaramente funzionale a tale scopo
fissare il surriscaldamento all'uscita dell'evaporatore, nel caso delle valvole
termostatiche, oppure fissare il livello del liquido nel separatore di alta o bassa
pressione, nel caso delle valvole di livello.
Altre valvole di laminazione, come il tubo capillare, o la valvola automatica, non operano
come descritto ed interferiscono con il funzionamento del circuito: la loro azione
e' piu' complessa, meno facile da comprendere in tutte le sue implicazioni e generalmente comporta
alcuni effetti indesiderati (spesso l'efficienza energetica del sistema risulta
diminuita), sui quali si passa sopra in considerazione degli specifici vantaggi che hanno
suggerito questa scelta (semplicita', costi, affidabilita'.).
Mentre nel ciclo tradizionale la pressione di condensazione
e'
legata, tramite la
condizione di saturazione, essenzialmente alle caratteristiche di scambio termico del
condensatore e alla temperatura del fluido impiegato per la reiezione del calore, nel
ciclo transcritico la pressione superiore del ciclo
e' determinata dall'effetto combinato
della carica di fluido presente nel circuito e della resistenza al deflusso offerta dalla
valvola. D'altra parte, assumendo come costanti la temperatura di evaporazione e la
temperatura di uscita della CO2 dal gas cooler, il COP del sistema dipende dalla pressione
superiore del ciclo e pertanto la funzione della valvola dovrebbe essere finalizzata a
mantenere al valore ottimale detta pressione; con cio' non
e' piu' possibile assegnare
alla valvola la funzione di mantenere le condizioni ottimali di alimentazione
dell'evaporatore, come avviene per esempio nei sistemi ad espansione secca, nei quali la
valvola mantiene la superficie di scambio in massima parte bagnata dal liquido, ma
comunque rispettando sempre le condizioni di sicurezza necessarie a prevenire il colpo di
liquido. Ne consegue che la corretta alimentazione dell'evaporatore deve essere assicurata
da altri mezzi.
La figura IV. 1 illustra l'effetto della pressione massima di un ciclo transcritico sul
COP; essa rappresenta due cicli idealizzati (internamente reversibili, tranne che per la
laminazione) nei quali varia solo la pressione superiore. Come si puo' immediatamente
verificare, esiste un valore definito della pressione al gas cooler che rende massimo il
COP e tale valore risulta dal miglior compromesso tra due effetti contrastanti:
all'aumentare della pressione infatti aumenta il lavoro specifico di compressione, ma
anche l'effetto frigorifero (in figura IV. 1, l'incremento percentuale del lavoro di
compressione e'
inferiore a quello dell'effetto frigorifero).
Nei cicli transcritici sono usati diversi tipi di valvole di laminazione:
1) Valvola a retropressione costante (back pressare valve);
2) Valvola a retropressione costante, seguita da una valvola termostatica, con
interposizione di un separatore di liquido;
3) Valvola differenziale, seguita da una valvola termostatica, con interposizione di un
separatore di liquido.
Trovano anche applicazione dispositivi fissi di strozzamento, analoghi al tubo capillare,
e semplici valvole termostatiche, che operano in modo difforme da quello tipico dei
sistemi tradizionali
Figura IV. 1. Cicli frigoriferi transcritici con diverso valore della
pressione nel gas cooler.
2. Valvola a retropressione costante
Tale tipo di valvola
e' quello tradizionalmente impiegato nei cicli transcritici:
come schema base, l'otturatore e'
comandato dalla pressione a monte, che, in contrasto ad
una molla a tensione regolabile, agisce su di un soffietto collegato rigidamente
all'otturatore stesso; la valvola mantiene praticamente costante la pressione di uscita
dal gas cooler, in quanto reagisce ad un incremento di pressione aumentando la sezione di
flusso.
Se tale tipo di valvola e'
efficace ai fini di determinare la pressione massima di ciclo,
non e' pero' in grado di assicurare una corretta alimentazione dell'evaporatore ai fini
della scambio termico e della sicurezza contro i colpi di liquido. La soluzione classica
consiste nel caricare l'impianto con una quantita' controllata di fluido frigorigeno in
modo tale da mantenere la presenza di liquido in un separatore collocato all'uscita
dell'evaporatore (figura IV. 2).
In tale soluzione, il liquido presente nel separatore viene parzialmente evaporato per
raffreddare il fluido ad alta pressione prima della laminazione; il mantenimento del
liquido nel ricevitore richiede in regime stazionario il reintegro della quantita' evaporata attraverso l'introduzione di una equivalente massa proveniente dall'evaporatore,
che pertanto risulta convenientemente annegato. Il liquido contenuto nel ricevitore
costituisce inoltre una riserva che consente trasferimenti di carica da e verso gli
scambiatori di calore come richiesto dalle variazioni delle condizioni operative
Lo schema funzionale di figura IV. 3 illustra un'altra soluzione, lievemente diversa dalla
precedente: qui si utilizza lo scambiatore di rigenerazione termica, piuttosto diffuso nei
cicli transcritici, per far evaporare una opportuna portata di liquido, spillata dal
ricevitore. L'effetto sull'alimentazione dell'evaporatore
e'
pertanto lo stesso che si ha
in figura IV. 2, con in piu' l'azione di recupero dell'olio, altrimenti intrappolato
all'interno del separatore. Ovviamente, viene mantenuta l'azione peculiare della
rigenerazione termica, che consiste nel raffreddamento del gas denso, sfruttando il calore
sensibile del vapore freddo in uscita dall'evaporatore
Figura IV. 2. Soluzione impiantistica per mantenere l'evaporatore
annegato con valvola back-pressure.
Figura IV. 3. Altra soluzione per controllare l'alimentazione
dell'evaporatore in un sistema con valvola back-pressure.
3. Valvola a retropressione costante abbinata ad una valvola termostatica
Lo schema con valvola back-pressure considerato al punto precedente richiede uno
specifico disegno del sistema evaporatore-separatore per il quale non si possono usare i
criteri consolidati e ben noti relativi ai tradizionali evaporatori ad espansione secca;
inoltre nel caso di piu' evaporatori, collocati a distanza tra loro, pone problemi di non
facile soluzione.
Figura IV. 4: Sistema di laminazione composto di una valvola back-pressure, seguita da una valvola termostatica con interposto un separatore di liquido.
Lo schema di figura IV. 4 risponde all'esigenza di alimentare gli evaporatori mediante
tradizionali valvole termostatiche, regolando nel contempo la pressione superiore del
ciclo mediante una valvola back-pressure.
Secondo questa soluzione, esiste una prima valvola di laminazione, del tipo back-pressure,
che effettua una prima laminazione del fluido dalla pressione del gas cooler alla
pressione intermedia del separatore di liquido, il quale alimenta, a sua volta, una o piu' valvole termostatiche che servono dei comuni evaporatori ad espansione secca.
La carica di fluido deve essere tale da realizzare in ogni condizione operativa la
presenza di una fase liquida nel ricevitore di liquido ed il suo volume deve essere tale
da contenere le escursioni di livello prodotte dalle variazioni nella ritenzione di carica
degli altri organi del circuito, conseguenti alle diverse condizioni operative.
In queste condizioni si instaura nel separatore intermedio il livello di pressione
necessario per avere il fluido all'uscita della valvola back-pressure in condizioni di
liquido saturo, come si puo' vedere in figura IV. 5. Il punto 1 rappresentativo delle
condizioni del fluido all'ingresso della valvola
e' fissato dal valore di taratura della
predetta valvola e dalla temperatura del fluido all'uscita del gas cooler e pertanto il
valore di pressione all'uscita e'
determinato dall'intersezione tra la curva limite
inferiore e la linea isoentalpica relativa alle condizioni di ingresso alla valvola.
Bisogna infatti considerare che il fluido nel ricevitore si trova in condizioni di
saturazione (come risulta dalla presenza contemporanea di fase liquida e fase vapore) e
che, conseguentemente, lo stato di uscita dalla valvola non puo' essere che liquido
saturo, in quanto solo in questo caso si possono mantenere condizioni di regime
stazionario nel circuito. In altri termini, se entrasse nel separatore una miscela bifase,
l'ingresso della fase vapore incrementerebbe la pressioni intermedia fino a portare il
punto di punto di uscita della valvola nelle condizioni di liquido saturo, mentre, per
contro, l'ingresso nel separatore di un gas denso, a densita' superiore del liquido, ne
diminuirebbe la pressione fino a portare lo stato del fluido ancora nella condizione di
liquido saturo.
Figura IV. 5. Rappresentazione grafica, sul piano (p,h), della laminazione del fluido attraverso la valvola back-pressure rappresentata in figura IV. 4.
La soluzione illustrata in questo punto consente quindi di risolvere in modo semplice il
problema di alimentare in un ciclo transcritico uno o piu' evaporatori ad espansione secca
e quindi rappresenta una tecnica consigliabile per adattare la tecnologia corrente delle
macchine frigorifere al ciclo transcritico.
4. Valvola differenziale abbinata ad una valvola termostatica
Una recente interessante variante allo schema di figura IV. 4 consiste nella
sostituzione di una valvola differenziale alla valvola back-pressure: il nuovo schema
funzionale e'
illustrato in figura IV. 6.
Il disegno di una valvola differenziale
e' illustrato in figura IV. 7. In questa valvola
la posizione dell'otturatore e'
determinata dall'equilibrio tra la risultante delle forze
di pressione agenti a monte e a valle dello stesso e la tensione della molla: pertanto, a
stretto rigore, si potrebbe definire come un regolatore di portata proporzionale alla
caduta di pressione, ma la stretta banda proporzionale che in generale
e' associata a tali
dispositivi permette di dire che e'
in grado di mantenere costante la caduta di pressione
al variare della portata e delle condizioni operative.
Figura IV. 6. Sistema di laminazione composto di una valvola
differenziale, seguita da una valvola termostatica con interposto un separatore di
liquido.
Figura IV. 7.
Schema funzionale di una valvola di laminazione
differenziale.
Anche per questa valvola si applicano le considerazioni esposte al punto precedente, per
quanto riguarda lo stato del fluido alla sua uscita, che necessariamente
e' liquido
saturo.
Per la determinazione della pressione intermedia si puo' sempre fare ancora riferimento
alla figura IV. 5. Questa volta, per quanto riguarda le condizioni di ingresso,e'
definita solo la temperatura, che dipende dalle caratteristiche del gas cooler e dalla
temperatura e portata del fluido che raffredda il gas denso, ma non la pressione, che
e' flottante. Il processo di laminazione isoentalpica del fluido attraverso la valvola
risulta quindi definito dalla condizione di realizzare la caduta di pressione
corrispondente alla taratura della valvola tra la linea isoterma corrispondente alla
temperatura del fluido all'uscita del gas cooler e la curva limite inferiore.
Facendo quindi riferimento alla caduta di pressione Dpv evidenziata in figura IV., si vede
che le pressioni al gas cooler e al separatore intermedio aumentano, quando aumenta la
temperatura di uscita della CO2 dal gas cooler e, viceversa, diminuiscono nel caso
opposto.
Si consideri anche che, ai fini del COP, il valore ottimale della pressione superiore del
ciclo non e'
costante al variare della temperatura del gas denso all'uscita del gas cooler, ma richiede variazioni che sono concordi con la tendenza imposta dal sistema di
laminazione qui considerato. Una verifica sull'attitudine di questo sistema a realizzare
condizioni operative prossime a quelle ottimali per il COP, al variare della temperatura
di uscita dal gas cooler, e'
riportata in (Casson et al., 2003). Tale verifica risulta da
una accurata simulazione di un sistema con gas cooler raffreddato ad acqua in condizioni
operative tipiche della refrigerazione commerciale a temperatura positiva: la simulazione
e' stata condotta per temperature di ingresso dell'acqua variabili tra 10 e 40C ed ha
dimostrato che, per una opportuna scelta della caduta di pressione attraverso la valvola
differenziale (30 bar), la pressione superiore del ciclo
e'
sempre prossima al valore
ottimale e, conseguentemente, il COP molto vicino al valore massimo, a differenza di
quanto succede con una valvola back-pressure, che, quando
e'
regolata a punto fisso,
presenta delle penalizzazione abbastanza marcate al variare delle condizioni operative. Si
e' anche riscontrato che per temperature di ingresso dell'acqua inferiori a 25C, il
valore piu' elevato del COP e'
relativo ad un ciclo subcritico, con una penalizzazione del
ciclo transcritico piu' evidente al diminuire di tale temperatura.
5. Valvola termostatica
L'utilizzo di una tradizionale valvola termostatica, la cui apertura
e' controllata dal surriscaldamento del vapore all'uscita del condensatore, costituisce
certamente la soluzione piu' semplice, anche se non
e' specifica per un ciclo transcritico
(V. figura IV. 8). In questo caso viene assicurata una corretta alimentazione per un
evaporatore ad espansione secca, ma la pressione superiore del ciclo non puo' essere
aggiustata ed ottimizzata dall'operatore poiche' viene a dipendere dalla configurazione
del sistema e principalmente dalla carica di fluido, dai volumi interni e dalle condizioni
operative; il ciclo puo' quindi essere penalizzato a seguito di fughe di refrigerante,
oppure quando le condizioni operative si scostano da quelle di progetto.
In particolare, la pressione superiore aumenta quando si abbassa la pressione di
evaporazione, per effetto dell'incremento del grado di vuoto all'evaporatore e del
conseguente trasferimento di carica al gas cooler, ed aumenta pure con l'incremento della
temperatura dell'agente refrigerante il gas cooler, per compensare la diminuzione di
densita' del fluido causata dalla variazione di temperatura. Quest'ultima tendenza
e' concorde con quanto sarebbe richiesto per l'ottimizzazione del sistema, ma l'efficienza di
questa soluzione e'
da dimostrare.
Esperienze relative all'uso del ciclo transcritico per applicazioni come pompa di calore
(Rieberer et al., 2000) starebbero ad indicare una penalizzazione energetica relativamente
modesta rispetto ad un sistema ottimizzato, anche per variazioni abbastanza estese della
temperatura dei fluidi esterni all'evaporatore e al gas cooler. Resta comunque il fatto
che un tale sistema e'
certamente piu' difficile da ottimizzare e meno flessibile
nell'impiego, rispetto ai sistemi che consentono di scegliere la pressione superiore del
ciclo in base al criterio della massima efficienza energetica.
Figura IV. 8. Sistema di laminazione composto di una tradizionale valvola
termostatica.
BIBLIOGRAFIA
V. Casson, L. Cecchinato, M. Corradi, E. Fornasieri, S. Girotto, S. Minetto, L. Zamboni e
C. Zilio: "Optimisation of the throttling system in a CO2 refrigerating
machine", International Journal of Refrigeration, Vol. 26 (2003), pp. 926-935
R. Rieberer, M. Gassler, H. Halozan: Control of CO2 Heat Pumps", Proc. Of the
4.th IIR-Gustav Lorentzen Conference on Natural Workiung Fluids at Purdue, 2000,
pp.109-116.
CAP. V COMPRESSORI PER I CICLI FRIGORIFERI TRANSCRITICI AD
ANIDRIDE CARBONICA
Le caratteristiche termodinamiche dell'anidride carbonica comportano, come
e' noto, cicli transcritici con pressioni operative superiori ai 75 bar fino a 140 bar. Tali valori di
pressione sono nettamente superiori a quello di qualsiasi altro refrigerante (compresi
R410A e R32, spesso definiti refrigeranti "ad alta pressione"), come chiaramente
illustrato nella figura V. 1. Tale aspetto ha imposto una approfondita riprogettazione dei
compressori, ai fini di renderli compatibili con pressioni di scoppio superiori ai 350 -
400 bar e con le caratteristiche termofisiche assolutamente particolari della CO2.
Figura V. 1. Confronto tra i cicli indicatori di R134a e di R744 per
compressori di uguale potenza frigorifera a 0 C. p rappresenta il rapporto delle
pressioni, pm la pressione media di ciclo (SINTEF).
La teoria della compressione per un compressore alternativo, basata sullo studio del
diagramma indicatore, (cioe' il diagramma che riporta la pressione del gas all'interno del
cilindro in funzione del corrispondente volume effettivamente occupato dal gas) porta a
considerare le perdite per laminazione del gas attraverso le valvole di aspirazione e di
scarico come una delle fonti principali di penalizzazione energetica della compressione
reale rispetto ad una ideale isoentropica. Nel caso della CO2 dalla figura V. 1 risulta
evidente che la differenza tra la pressione di mandata e quella di aspirazione
e' nettamente superiore a quella di R134a e di qualsiasi altro HFC. In tal senso, la perdita
di carico attraverso le valvole assume, in termini percentuali, valori molto piu' bassi
per la CO2. Inoltre il rapporto tra la pressione di aspirazione e quella di mandata per
R744 e' nettamente inferiore a quello degli HFC, di conseguenza, la riespansione del gas
intrappolato nel volume nocivo sara' piu' limitata favorendo una anticipata (rispetto agli
HFC) riapertura della valvola di aspirazione: tale aspetto dovrebbe in linea teorica
favorire un elevato rendimento volumetrico.
Da un punto di vista tecnologico, va osservato che l'elevata differenza tra la pressione
di mandata e quella di aspirazione crea notevoli carichi sui supporti striscianti
(cuscinetti, bronzine
): le varie case produttrici di compressori hanno messo in atto
diversi accorgimenti (bilanciamento degli alberi, sistemi di compensazione delle pressioni
tra muffole di aspirazione e di mandata, ricorso a compressione bistadio con carcassa
mantenuta alla pressione intermedia
). Inoltre l'efficienza del reale processo di
compressione e'
influenzata, oltre che dalle perdite di carico attraverso le valvole e i
condotti interni al compressore, anche dai trafilamenti attraverso i cilindri e dai
fenomeni di scambio termico del gas durante il processo di compressione. Una interessante
analisi teorico-sperimentale proposta da Suess e Kruse (1998) ha dimostrato che con la CO2
le perdite per trafilamento tra cilindro e pistone sono di gran lunga piu' penalizzanti
che non le perdite nelle valvole e le perdite per scambio termico. Nel lavoro citato si
dimostra anche come la portata di trafilamento del gas attraverso i giochi tra cilindro e
pistone dipende dalla differenze dei quadrati delle pressioni a monte e a valle del
pistone stesso: dal momento che la differenza tra pressione di aspirazione e quella di
mandata puo' facilmente superare i 100 bar con R744, si puo' concludere che tali perdite
per trafilamento sono le piu' critiche e quindi
e' necessaria la massima cura nelle
lavorazioni e negli accoppiamenti delle parti mobili.
Sulla base di queste considerazioni, il lavoro di Suess
e'
stato rivolto soprattutto ai
compressori di tipo alternativo con particolare attenzione alla progettazione degli
accoppiamenti mediante anelli di tenuta dei cilindri con i relativi pistoni.
I compressori alternativi non esauriscono per il panorama delle tecnologie attualmente
allo studio per l'impiego con R744. Sono attualmente in avanzato stadio di sviluppo
interessanti soluzioni di tipo scroll, di tipo rotativo e a vite (per piu' le grosse
potenzialita'). Qui di seguito si propone un rapido riassunto dei modelli presentati nella piu' recente letteratura.
1. Compressori alternativi
L'azienda italiana "Officine Mario Dorin" ha attualmente in produzione
una serie completa di compressori semiermetici alternativi a 2900 giri/min, 50 Hz,
bicilindrici monostadio da 0.5 a 10.7 m3/h e bistadio (bicilindrico, un cilindro per bassa
pressione e uno per alta pressione) da 0.6 a 12.6 m3/h.
La tedesca Bock produce un compressore alternativo di tipo aperto , bicilindrico, con
cilindrata 110 cm3, sviluppato per il condizionamento degli autobus.
La danese Danfoss ha prodotto un compressore ermetico monocilindrico, con una potenza
frigorifera nominale da 0.5 a 1.2 kW valutati per evaporazione a -10C con ciclo
transcritico, assumendo in 35 C la temperatura di uscita dal gas cooler. Uno schema
funzionale del compressore e'
stato presentato in (Suess e Veje, 2004). Nella stessa
memoria sono anche riportati i profili del rendimento isoentropico e volumetrico in
funzione della pressione di mandata per diverse pressioni di aspirazione.
Figura V. 2.
Schema del compressore alternativo monocilindrico Danfoss
(Suess, 2004)
Figura V. 3. Rendimento isoentropico (sinistra) e volumetrico del
compressore di fig. V. 2
2. Compressori scroll
Una unita' ermetica scroll
e'
stata realizzata dalla Matsushita per l'impiego in
chiller per uso residenziale. Altre unita' sono state prodotte, sempre in Giappone dalla
Denso, TEPCO e CRIEPI per pompe di calore per la produzione di acqua calda sanitaria (Kim
et al, 2004).
La Mitsubishi Heavy Industries ha poi realizzato un compressores scroll aperto per uso
automobilistico con una cilindrata di 13 cc. Particolare cura
e' stata rivolta alla
progettazione di un particolare precarico idraulico sulla spirale orbitante per compensare
parte del carico dovuto alla CO2, come si vede nella figura V. 4 (Hagita et al 2002).
Figura V. 4. Compressore scroll e sistema di compensazione del carico
sulla spirale orbitante
3. Compressori a rotore eccentrico (rolling piston)
Sanyo ha realizzato un compressore rotativo ermetico bistadio le cui principali
caratteristiche sono elencate in tabella V. 1 (Yamasaki et al., 2004).
Tabella V. 1. Principali caratteristiche del compressore Sanyo
Alimentazione elettrica |
Monofase, 230 V/50 Hz |
Assorbimento nominale |
400 W |
Cilindrata |
1 stadio: 1.28 cm3 2 stadio: 0.83 cm3 |
Tipo di motore elettrico |
Ad induzione |
Lubrificante |
PAG |
Uno schema funzionale del compressore e'
riportato in figura V. 5
Figura V. 5. Schema funzionale del compressore rotativo bistadio Sanyo
Grazie alla configurazione bistadio, le perdite per trafilamento sono ridotte e tutta la
carcassa viene mantenuta alla pressione intermedia (con gli ovvi vantaggi strutturali per
il mantello). Inoltre i due pistoni rotanti sono montati con una angolo di 180,
favorendo cosi' il bilanciamento dell'albero e quindi riducendo vibrazioni e rumorosit.
In (Yamasaki et al., 2004), viene proposto l'uso di questo compressore per le macchine
distributrici di bibite. Viene inoltre studiato il consumo di una di queste macchine
equipaggiata con evaporatore e gas cooler a batteria alettata convenzionale con
intercooler integrato nella stessa batteria del gas cooler. Il confronto con una macchina
analoga operante con R134a mostra un consumo con R744 ridotto del 20%.
Tecumseh (Yap e Haller, 2004) ha realizzato un compressore ermetico rotativo di 21.8 cm3
di cilindrata, con un involucro cilindrico di diametro 207.8 mm ed altezza 445.8 mm, con
il primo stadio dimensionato per comprimere R744 fino a circa 7080 bar e il secondo
stadio fino a 110120 bar. Questo compressore, alimentato a 230 V e 60 Hz, ha una potenza
frigorifera nominale di 12 kW. Nello stesso articolo viene investigata sperimentalmente
una applicazione in una pompa di calore per acqua sanitaria. Lo stesso compressore viene
descritto in dettaglio da (Dreiman et al, 2004), dove sono riportati i test di efficienza
del compressore: il rendimento isoentropico complessivo (basato sulle condizioni effettive
di aspirazione e di scarico e sulla potenza elettrica assorbita) varia da circa 0.4 a 0.6
a seconda delle condizioni di test (si rimanda all'articolo per tutti i dettagli).
Figura V. 6. Schema funzionale del compressore rotativo bistadio Tecumseh
(Yap e Haller, 2004)
4. Compressori per uso automobilistico
Del compressore alternativo Bock per il condizionamento degli autobus e del compressore
scroll MHI si
e'
gia' fatto cenno nel paragrafo 1.
In un'altra memoria presentata in questo seminario
e' stato affrontato in dettaglio il
tema delle applicazioni automobilistiche con R744. Ci si limita in questa sede a fornire
un elenco dei prototipi di compressore fin qui sviluppati.
Tra i compressori a cilindrata fissa di tipo "swash plate" si ricordano quelli
aperti prodotti da Sanden (cilindrata 29.8 cm3), Zexel (cilindrata 28.0 cm3),
Calsonic-Kansen (cilindrata 30.0 cm3). Dal momento che nelle applicazioni automobilistiche
il carico termico da smaltire e'
estremamente variabile, risulta particolarmente utile,
dal punto di vista dell'efficienza del sistema di condizionamento poter modulare la
potenza frigorifera erogata attraverso la variazione della cilindrata. Nel caso di
cilindrata fissa si ha l'onere aggiuntivo, sia in termini di costi che di massa, della
frizione magnetica per i cicli di on-off. Un prototipo di compressore con sistema di
variazione della cilindrata basato sulla variazione della corsa di un pistone assiale
e' stato sviluppato dalla Sanden in collaborazione con LuK (figura V. 7). La cilindrata del
compressore e'
33 cm3 ma si sta pensando alla realizzazione di una unita' da 22 cm3 che
potrebbe erogare la stessa potenza frigorifera dell'equivalente compressore di R134a da
170 cm3 (figura V. 17)
Figura V. 7. Compressore swash-plate LuK-Sanden e suo sistema di
controllo della cilindrata
Figura V. 8. Confronto tra compressore Sanden per r134a ed equivalente unita' per
R744
L'austriaca OBRIST propone un compressore a cilindrata variabile le cui principali
caratteristiche sono: cilindrata globale 33 cm3, 7 cilindri, massima portata 500 kg/h,
velocita' di rotazione da 600 a 8000 giri/min.
5. Compressori per cicli in cascata e per grosse potenze frigorifere
Nel caso dei cicli in cascata e per potenzialita' sopra i 100 kW si ricorre
normalmente a compressori a doppia vite con iniezione di lubrificante.
Per applicazioni transcritiche Mayekawa (MYCOM) ha realizzato un gruppo
raffreddatore di salamoia per accumulo di ghiaccio con pressioni operative da 23 bar a 90 bar ed una
potenza frigorifera nominale di 141 kW. Anche in questo caso il compressore
e' a vite con
iniezione di lubrificante con profilo delle viti opportunamente disegnato per l'impiego
con R744. L'evaporatore ed il condensatore sono a fascio e' tubiero.
Figura V. 9. Foto del refrigeratore Mayekawa a CO2
BIBLIOGRAFIA
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International Journal of Refrigeration, Vol. 21, pp. 194-201, 1998.
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transcritical CO2 applications", Proc. Int. Compressor Eng. Conf. Purdue, 2004.
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refrigeration cycle utilizing CO2 as working fluid", Proc. Int. Compressor Eng. Conf.
Purdue, 2004.
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compressor", Proc. Int. Compressor Eng. Conf. Purdue, 2004.
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dioxide compressor", Proc. Int. Compressor Eng. Conf. Purdue, 2004.
Hagita T., Makino T., Horaguchi N., Ukai T.: "Tribology in CO2 compressors",
Mitsubishi Heavy Industries Tech. Review, vol. 39 (1), 2002.
Kim M.-H., Pettersen J., Bullard C.: "Fundamental process and system design issues in
CO2 vapor compression systems", Progress in energy and combustion science, vol. 30,
pp. 119-174, 2004.
CAP. VI I LUBRIFICANTI PER COMPRESSORI FRIGORIFERI
OPERANTI CON ANIDRIDE CARBONICA
Negli ultimi anni si
e' avuto un notevole sforzo per la ricerca del lubrificante piu' adatto all'impiego con CO2. Sono stati investigati diversi tipi di olio: oltre al
tradizionale olio minerale, sono stati investigati come possibili lubrificanti parecchi
oli di sintesi (poliesteri, polivinilesteri, polialchilenglicoli, alchilbenzenici,
polialfaolefine). La ricerca e'
tuttora aperta e la disponibilita' di informazioni in
letteratura e'
ancora piuttosto limitata.
In termini del tutto generali,e'
noto che un lubrificante deve rispondere ad alcuni
criteri per poter essere utilizzato negli impianti frigoriferi a compressione di vapore:
- caratteristiche di lubrificazione del compressore (tribologia)
- idoneo comportamento per il ritorno dell'olio al compressore
- stabilita' e compatibilita' con i materiali normalmente in uso.
Dal punto di vista della tribologia delle parti metalliche in movimento all'interno del
compressore, il comportamento della CO2
e' reso normalmente piu' gravoso rispetto ai
frigorigeni tradizionali a causa delle alte pressioni in gioco (basti ricordare che
maggiore e'
la pressione, maggiore
e'
il carico per unita' di superficie a contatto).
L'argomento e'
estremamente specialistico e viene lasciato ai costruttori di compressori.
In generale, si puo' affermare che l'azione lubrificante dell'olio
e' legata non tanto
alla viscosita' dell'olio puro ma piuttosto alla viscosita' della miscela
olio-refrigerante che si viene a creare. La conoscenza del comportamento di tale miscela
e' elemento fondamentale anche per una corretta progettazione delle linee di ritorno
dell'olio al compressore. Appare in tal senso importante focalizzare l'attenzione sul
comportamento della CO2 con diversi tipi di olio in condizioni di pressione e di
temperatura imposti, ovvero lo studio dell'equilibrio liquido-vapore e liquido-liquido
della miscela binaria olio-CO2 (al fine di semplificare la trattazione, si considerera'
sempre l'olio come un componente puro, anche se in realta' gli oli sono sempre una miscela
di componenti a catena molecolare diversa).
Hank e Weidmer (2000) hanno presentato alcune interessanti foto ottenute ponendo il
biossido di carbonio assieme ad una certa quantita' di olio in una cella dove possono
essere imposte pressione e temperatura attraverso dispositivi esterni. In tal modo,
essendo temperatura e pressione imposte, garantendo un efficace rimescolamento dei due
composti tramite un agitatore magnetico (la sferetta che compare nelle foto seguenti)si puo' ritenere che il sistema si trovi in condizioni di quasi-equilibrio termodinamico.
Gli oli considerati sono di tre tipi, tutti attualmente utilizzati nei sistemi frigoriferi
operanti con CO2: POE (poliolestere), PAG (polialchilenglicole) e PAO (polialfaolefine).
Tutte le foto sono state effettuate ad una temperatura imposta della cella di 5 C.
Per quanto riguarda il sistema POE-CO2 (figura VI. 1, foto a) a pressione atmosferica,
l'olio giace sul fondo della cella, mentre la parte superiore
e' composta da sola CO2
gassosa. A 40 bar e 5 C (figura VI. 1, foto 2) si osserva un comportamento per certi
aspetti sorprendente: il livello del "lubrificante"
e' cresciuto rispetto al
caso a pressione atmosferica, a causa della CO2 che si
e'
disciolta in olio. Sopra il
lubrificante si osserva poi la coesistenza di una fase liquida con una fase gassosa di CO2
pura. Si parla in queste condizioni di un limite (gap) di solubilita'. A 5 C e 50 bar si
torna ad avere due sole fasi coesistenti (foto3) con fase sovrastante composta per la
maggior parte da CO2 con disciolto un piccolo quantitativo di olio. La prova che una certa
quantita' di olio sia disciolta nella CO2 nella fase liquida superiore
e' legata alla
diminuzione del livello del lubrificante sottostante. Nella foto 4 si ha invece una sola
fase omogenea composta da olio e CO2. La situazione non cambia aumentando ulteriormente la
pressione (foto 5 e 6 a 100 e 150 bar rispettivamente, T=5 C). Le foto 2 e 3 indicano
che la solubilita' della CO2 in olio POE
e' limitata in alcune condizioni operative
(limitata miscibilita').
Figura VI. 1. Comportamento di fase del sistema POE+CO2 (T= 5C)
La figura VI. 2 illustra il comportamento del sistema PAG+CO2. A 40 bar e 5 C (figura VI. 2, foto 2) si osserva la coesistenza della miscela olio+CO2 (strato inferiore) e di CO2 liquida (strato intermedio) in equilibrio con il suo vapore. E' interessante osservare che il livello del "lubrificante" (strato inferiore) e' piu' basso rispetto alla situazione analoga (40 bar, 5 C) per il sistema POE+CO2. Questo prova visivamente la minore solubilita' della CO2 in PAG a confronto con la solubilita' in POE.
Figura VI. 2. Comportamento di fase del sistema PAG+CO2 (T= 5C)
Per pressioni da 50 a 150 bar (figura VI. 2, foto 3 e 4) la solubilita' della CO2
e' sempre limitata.
La concentrazione della CO2 disciolta in olio puo' essere misurata in ciascuna delle
situazioni considerate. Il risultato di tali raffinate tecniche di misura sono diagrammi
come quello di figura VI. 3 per il sistema POE+CO2 e di figura VI. 4 (PAG+CO2).
Ad esempio, la linea tratteggiata che unisce i due punti sulla isoterma a 5 C e 40 bar
(indicati con A e B in figura VI. 3) indicano che la fase che giace sul fondo della cella
e' composta per circa il 60% in massa da CO2 (punto A), mentre la fase liquida liquida
coesistente superiore contiene circa il 10% in massa di olio (punto B). A 90 bar e 100C,
condizioni che potrebbero essere trovate alla mandata del compressore in cicli transcritici, CO2 gassosa pura (punto C) coesiste con un lubrificante costituito da olio
con circa il 15% in massa di CO2 disciolta (punto D).
La figura VI. 5 mette in evidenza la limitata solubilita' della CO2 in olio PAG. Infatti a
T=5C la percentuale in massa di CO2 disciolta nel olio aumenta con l'aumentare della
pressione fino a 40 bar. Un ulteriore incremento della pressione non porta un apprezzabile
aumento della concentrazione di CO2 in olio.
Figura VI. 3. Equilibrio di fase del sistema POE+CO2
Figura VI. 4. Equilibrio di fase del sistema PAG+CO2
A 100C e 90 bar (punto E), la concentrazione in massa di CO2 in PAG
e' circa il 12% e
quindi inferiore alla concentrazione di R744 disciolta in POE nelle stesse condizioni.
Ovviamente i valori determinati in questo lavoro sono strettamente legati ai tipi di olio
utilizzati. Si sottolinea, come gia' anticipato, che gli oli disponibili sono in
realta'
miscele di piu' specie chimiche con composizioni che possono differire in maniera
sostanziale da produttore a produttore.
A titolo di esempio si riportano in figura VI. 5 i dati presentati da Randles et al.
(2003) per un olio POE ISO 100.
Figura VI. 5. Solubilita' (destra) e viscosita' (sinistra) di CO2 in un
olio POE 100
Dal grafico di destra della figura VI. 5 si vede che a 100C e 90 bar il lubrificante
contiene meno del 50% di olio. Dal grafico di sinistra nella stessa figura VI. si vede che
nelle citate condizioni operative la miscela al 50% di olio ha una viscosita' di circa 0.5
cSt, contro una viscosita' di circa 10.5 cSt dell'olio puro.
Ad un lettore attento non sara' sfuggito che i valori di solubilita' riportati nella
figura VI. 5 sono molto diversi da quelli della figura VI. 3. purtroppo in Hauk e Weidmer
(2000), le caratteristiche degli oli studiati non sono riportati: si puo' tuttavia
ritenere che le forti differenze siano da imputare ad una differente formulazione di base
del POE.
L'esperienza nell'uso dei POE con gli HFC ha abituato alla scelta di POE a bassa
viscosita' (es. ISO 32, 55 o 68); alla luce delle osservazioni effettuate non deve per
sorprendere che con la CO2 siano normalmente utilizzati POE ISO 100 e 120.
D'altra parte la indiscussa inferiore solubilita' dei PAG nei confronti della CO2 rende
possibile l'uso di PAG ISO 46 gia' utilizzati dalla industria automobilistica con R134a,
senza particolari preoccupazioni. Purtroppo non sono disponibili in letteratura grafici
come quello di figura VI. 5. In termini generali, si potrebbero elencare i vari oli in
ordine di solubilita' decrescente della CO2: POE, esteri, PVE, PAG, AB, PAO, minerale (il
POE ha la piu' alta solubilita', la R744
e' non solubile in olio minerale).
Se da un lato opportune viscosita' e solubilita' della miscela olio+CO2 sono fondamentali
per una buona lubrificazione del compressore, dal punto di vista del ritorno dell'olio al
compressore stesso, la solubilita' gioca un ruolo meno importante: in questo caso una
elevata solubilita' della CO2 in olio e una conseguente bassa viscosita' della miscela
facilitano il ritorno dell'olio all'evaporatore e lungo la linea di aspirazione. Nelle
condizioni di bassa temperatura e di relativamente bassa pressione che si realizzano in
questa zona del circuito risulta comunque fondamentale che sia garantita una adeguata
miscibilita' dell'olio con la CO2. Val la pena osservare che da un punto di vista
qualitativo, si e'
soliti dire che un refrigerante
e' miscibile (completamente) in olio
quando in condizioni di equilibrio termodinamico ad una certa pressione p e temperatura T
la fase liquida ha composizione definita in modo univoco, che
e' parzialmente miscibile
quando esistono valori di p, T per cui si ha la formazione di due fasi liquide di diversa
composizione (fenomeno della smiscelazione) e che
e' immiscibile quando quest'ultime sono
presenti ad ogni temperatura ed ogni composizione; in questo senso il termine miscibilita'
e' legato al tipo di comportamento (cioe' al tipo di diagramma) mostrato dalla coppia
refrigerante-olio. Il termine solubilita'
e' invece utilizzato invece per esprimere la
quantita' di refrigerante in soluzione nell'olio lubrificante.
In termini di miscibilita' l'olio minerale crea notevoli complicazioni per il ritorno
dell'olio stesso al compressore. Accorgimenti impiantistici sono necessari anche con
l'impiego dei PAO e degli AB. I PAG e i POE non creano particolari preoccupazioni.
Un ulteriore aspetto riguardante il ritorno dell'olio specie nei circuiti dotati di
ricevitori di bassa pressione o nei sistemi bistadio con separatore intermedio riguarda la
cosiddetta "inversione di fase". Nelle figure 1 e 2, la fase presente nella
parte inferiore della cella e'
quella piu' ricca in olio. Questo non
e' sempre valido in
tutte le condizioni di temperatura. Mentre la densita' degli oli puri varia molto poco con
la temperatura, la CO2 liquida in condizioni di saturazione ha una densita' di circa 1076
kg/m3 a -30C fino a circa 468 kg/m3 al punto critico. Di conseguenza, come si vede in
figura VI. 6, la CO2 liquida galleggia sul PAG puro per temperature superiori a -20C,
mentre gia' a +5C, la CO2 tende a porsi al di sotto di un AB. Il problema
e' ancora piu' marcato con le PAO, di solito caratterizzate da densita' inferiori a 850 kg/m3. Qualora
fosse la CO2 ad occupare la parte inferiore del ricevitore sarebbe impossibile drenare il
lubrificante attraverso i condotti di ritorno dell'olio normalmente collegati al fondo del
ricevitore.
Figura VI. 6. Fenomeno della inversione di fase
In conclusione, si puo' ritenere che l'uso dell'olio minerale sia problematico con
l'anidride carbonica. I PAO e gli AB sono stati considerati per l'impiego nella
refrigerazione a bassa temperatura a seguito della lunga esperienza nell'uso di questi oli
nei sistemi industriali di processo utilizzanti gas compressi. Ovviamente, devono essere
messi in atto tutti gli accorgimenti atti a favorire il ritorno dell'olio verso il
compressore. I POE e i PAG sembrano essere piu' promettenti nell'impiego in cicli
transcritici. Tuttavia, occorre tenere presente che la solubilita' particolarmente elevata
della CO2 nel POE comporta, oltre ai citati problemi di riduzione della
viscosit , anche
il rischio di inaccettabile schiumatura durante gli avvii del compressore. Tale aspetto
e' sicuramente piu' ridotto con i PAG, vista la loro bassa solubilita'.
L'igroscopicita' dei POE e'
ben nota a tutti gli utilizzatori di HFC: in tal senso, si
osserva che il contenuto di umidita' della anidride carbonica N35 per usi alimentari
normalmente utilizzata anche nei circuiti frigoriferi (umidita' < 10 ppm)
e' dello
stesso ordine dei valori normalmente accettati per gli HFC (umidita' < 10 ppm). I PAG,
specie i cosiddetti "double capped" presentano una igroscopicita' molto
inferiore.
In conclusione, i piu' recenti lavori apparsi in letteratura sembrano quindi indicare i
PAG come lubrificanti piu' adatti per i compressori di piccola e media taglia nelle
applicazioni con CO2 transcritica. L'esperienza pluriennale maturata dai costruttori di
compressori industriali di grossa taglia continua a favorire l'uso delle PAO per le grosse
potenze frigorifere.
BIBLIOGRAFIA
Hauk A., Weidner E: "Thermodynamic and fluid-dynamic properties of carbon dioxide
with different lubricants in cooling circuits for automobile application", Ind. Eng.
Chem Res., 39, pp. 4646-4651, 2000.
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Lubricant Technologies for Alternative Refrigerants",
http://www.tpc-nacg.com/ashrae/homepage.htm
CAP. VII L'USO DEGLI ELASTOMERI CON
L'ANIDRIDE CARBONICA
1. Generalita'
La compatibilita' con gli elastomeri
e' una delle principali preoccupazioni con
l'utilizzo degli HFC. Le raccomandazioni dei principali produttori di refrigeranti
sintetici e di elastomeri (si veda ad esempio Du Pont Suva tech. inf.) indicano come
accettabile l'uso di un numero piuttosto limitato di elastomeri (ad esempio la Buna N,
l'Hypalon etc.). Viceversa, la CO2 e'
chimicamente compatibile con tutti i piu' comuni
elastomeri (dati Parker, O'ring Handbook). Alcuni studi sono stati condotti anche sulla
compatibilita' della CO2 quando combinata con i principali lubrificanti. Ashby e Buch 2002
hanno individuato gli elastomeri in tabella 1 come i piu' probabili candidati per
l'impiego con CO2.
Tabella VII. 1.
Elastomeri per l'impiego con CO2 (Ashby e Buch, 2002).
Elastomero |
Intervallo operativo di temperatura |
Ethylene Propylene (EPDM) | -45 150 C |
Ethylene Acrylate (AEM) | -35 150 C |
Ethylvinyl Acetate (EVM) | -30 150 C |
Neoprene (Polychloroprene) (CR) | -35 110 C |
Fluorocarbon (FKM) | -30 200 C |
Tuttavia le tenute nei circuiti frigoriferi operanti con anidride carbonica suscitano
notevoli preoccupazione ai progettisti.
La prima ovvia preoccupazione e'
relativa alle alte pressioni operative che impongono un
opportuno disegno delle cave per il contenimento e la precarica degli O'ring. I vari
produttori di raccordi per alta pressione hanno proposto diverse soluzioni particolari per
gli impianti frigoriferi a CO2.
La seconda preoccupazione e'
legata alle minori dimensioni della molecola di CO2 se
confrontata con qualsiasi altro refrigerante sintetico. A tale scopo occorre richiamare
alcuni concetti di base sui meccanismi di interazione tra un gas ed un elastomero.
In figura VII. 1, uno strato piano di elastomero mantiene separato un gas ad alta
pressione p1 da una zona a piu' bassa pressione p2. in condizioni di regime stazionario,
il gas a piu' alta pressione viene adsorbito all'interfaccia con l'elastomero. In prima
approssimazione si puo' ritenere che la concentrazione p1 del gas nello strato piu' superficiale dell'elastomero sia proporzionale alla pressione p1 del gas, secondo la
classica legge di Henry:
c=S p1
1)
dove S e'
il coefficiente di adsorbimento dell'elastomero.
Dopo che la superficie dell'elastomero
e' stata saturata dal gas, questo diffonde in profondita' secondo la legge di Fick:
2)
dove V e'
il volume di gas che diffonde, t
e' il tempo, c
e' la concentrazione locale, D
e' la diffusivita' del gas in questione nell'elastomero considerato.
Integrando la precedente sull'intero spessore di elastomero, si puo' concludere che il
volume di gas che attraversa l'interfaccia verso la zona a piu' bassa pressione
e' proporzionale alla differenza di concentrazione (c1 - c2) secondo la costante di diffusivita' D.
Combinando in modo opportuno la 1) e la 2) si puo' ottenere che attraverso una superficie
di interfaccia di area A di uno strato di elastomero di spessore h, il volume V di gas che
passa nell'unita' di tempo e' :
3)
Si definisce permeabilita' dell'elastomero al gas considerato il prodotto Q=DS.
Dato che normalmente D ed S dipendono dalla temperatura oltre che dalla pressione, tale
sara' anche Q. La legge di dipendenza non
e' immediata e dipende dal particolare
elastomero e dal gas considerati. Nella figura VII. 2 si riporta il comportamento di CO2
rispetto a FKM secondo Ashby e Buch (2002).
Figura VII. 1. Meccanismi di absorbimento, diffusione ed evaporazione di
un gas in elastomero (Fritz, 1999)
Figura VII. 2.
Permeabilita' Q della CO2 in FKM in
funzione della pressione e della temperatura.
Dalla figura VII. 2 si osserva che un aumento della pressione porta sempre un aumento
della permeabilita', ma per temperature inferiori a quella critica la permeabilita' tende
ad aumentare in funzione della pressione con legge pressoche' esponenziale. Purtroppo dati
di questo tipo sono piuttosto rari nella letteratura tecnica. A titolo di esempio si
riportano alcuni dati dal O'rings Handbook della Parker. La permeabilita' del neoprene
alla CO2 a 25 C varia da 13.9 a 19.210-8 [cm2 s-1 bar-1], mentre la permeabilita' di
R12 alla stessa temperatura vale 8.810-8 [cm2 s-1 bar-1], mentre quella di R22 risulta
addirittura 19.510-8 [cm2 s-1 bar-1] e quindi superiore alla CO2. Tuttavia, con
riferimento alla 3) le pressioni operative indiscutibilmente piu' elevate nel lato di alta
pressione dei cicli transcritici a CO2 rendono sicuramente piu' critiche le tenute dei
circuiti frigoriferi operanti con anidride carbonica.
2. Decompressione esplosiva
Una volta che il gas ha saturato l'interfaccia con l'elastomero ad un a certa
pressione p1, se la pressione resta costante per lungo tempo, l'intero strato di
elastomero tende a saturarsi secondo la legge 3). Se improvvisamente la pressione p1 viene
ridotta, l'elastomero viene a trovarsi in una situazione si "super-saturazione"
e quindi il gas tende ad essere rilasciato rapidamente al fine di riportare il suo stato
alla concentrazione c di equilibrio alla nuova pressione secondo la 1). Il gas
precedentemente adsorbito dall'elastomero ed intrappolato in minuscole cavita' naturalmente presenti nell'elastomero o formatesi attraverso processi chimici di
scioglimento dell'elastomero stesso, tende ad espandere in modo piu' o meno violento a
seconda della decompressione a cui e'
sottoposto l'O-ring stesso. Come conseguenza si ha
il rigonfiamento dell'O-ring con la formazione di bolle che spesso scoppiano, come si puo' vedere in figura VII. 3. in (Ashby e Buch, 2002) la HNBR-C ha il migliore comportamento
con la CO2, seguita da FKM C e EPDM C, mentre danni piuttosto marcati sono stati rilevati
in tutti gli altri elastomeri a seguito di una rapida decompressione ripetuta per almeno
cinque cicli dopo saturazione dell'elastomero sia a -42 C che a +150 C.
Figura VII. 3. Conseguenze della decompressione esplosiva su alcuni O-ring (Ashby e Buch,
2002)
BIBLIOGRAFIA
Fritz T.: "Connecting components for CO2 circuits", SAE Automotive Alternate
Refrigerants Systems Symposium., 1999.
Ashby D. M., Buch G.: "Elastomer Developments for Sealing Automotive Climate Control
Systems Using Carbon Dioxide", SAE Automotive Alternate Refrigerants Systems
Symposium., 2002.
Du PONT Suva Technical Infomation ART-27, Suva 134a (HFC-134a) for Mobile air conditioning
Parker O-ring handbook, Catalog ORD 5700A/US