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CENTRO STUDI GALILEO

 

INTRODUZIONE ALLA REFRIGERAZIONE MAGNETICA

P. W. Egolf - Istituto di Ingegneria Termica

Sommario

Allo stato attuale delle cose, è disponibile una grande varietà di lavori di ricerca finalizzati allo studio di nuove sostanze magneto-caloriche, utilizzate come refrigeranti nei refrigeratori magnetici. Grazie ad essi si è avuto un continuo sviluppo di refrigeranti magnetici sempre più performanti, con maggiori differenze entropiche DS, maggiori differenze di temperature adiabatiche DTad, e minori fenomeni d’isteresi. Questo ha portato, altresì, ad un miglioramento degli aspetti progettuali dei refrigeratori termo-magnetici ed allo sviluppo di nuovi brevetti di macchine funzionanti mediante letti magneto-calorici porosi. In un incontro tecnico organizzato dall’IIR sul tema della refrigerazione magnetica i diversi gruppi di lavoro (esperti di materiali, fisici competenti in magnetismo, specialisti in dinamica dei fluidi e progettisti di macchine termodinamiche) hanno potuto confrontarsi positivamente. Tale insieme di elementi crea le potenzialità per uno sviluppo del mercato dei refrigeratori magnetici, che probabilmente in una prima fase risulterà essere solo di nicchia. Dopo tale fase per alcuni settori, come ad esempio quello della refrigerazione commerciale, sembra plausibile un’entrata a pieno titolo nel mercato. Altri possibili mercati riguardano la climatizzazione, le applicazioni a pompa di calore, tecniche di processo, l’industria automobilistica, il settore medico, ecc.

1. Introduzione

Emil Gabriel Warburg (1846-1931) era un fisico tedesco che nella sua carriera è stato professore di fisica all’Università di Strasburgo, Friburgo e Berlino. Egli condusse ricerche nel campo della teoria cinetica dei gas, della conducibilità elettrica, delle scariche nei gas, del ferromagnetismo e della fotochimica (Wikipedia, 2007). Nel 1881 egli scoprì l’effetto magneto-calorico nell’acciaio, che si riscaldava di alcuni millikelvin quando mosso all’interno di un campo magnetico ed in seguito, quando estratto da esso, si raffreddava nuovamente (Warburg, 1881 e figura 1).

Tale tecnologia fu applicata con successo nella fisica a basse temperature già dal 1930 per raffreddare dei campioni da pochi gradi kelvin a molte centinaia di kelvin fino a temperature prossime allo zero assoluto (-273,15 K). Oggigiorno, grazie a due importanti novità, sembrano praticabili altre applicazioni per il mercato della refrigerazione. La prima è la disponibilità di sostanze magneto-caloriche con temperature di Curie già a temperatura ambiente. Inoltre, grazie all’elevato effetto magneto-calorico (si veda oltre) nuove sostanze magneto-caloriche hanno permesso di raggiungere prestazioni due o tre volte migliori.

Poiché questo articolo intende fornire solamente una panoramica riguardo la tecnologia della refrigerazione magnetica ed è rivolto ai non- specialisti, per coloro i quali intendessero approfondire tale argomento si rimanda ad articoli più esaurienti.

Il maggior numero di articoli riguardanti il riscaldamento magnetico, la refrigerazione e le conversioni energetiche hanno come tema lo sviluppo di materiali magneto-calorici. Grazie al cospicuo numero di lavori prodotti sull’argomento sono anche stati pubblicati numerosi libri e articoli su riviste (vedi, ad esempio, Tishin e Spichkin, 2003, Gschneidner et al., 2005, Brück, 2005, Pecharsky e Gschneidner, 2006). Una pietra miliare – confrontabile almeno alla scoperta dell’effetto magneto-calorico da parte di Warburg – è stata la scoperta nel 1997 dell’effetto magneto-calorico “gigante” (Pecharsky e Gschneidner, 1997a). Grazie ad essa, e ad alcune altre compiute dagli stessi protagonisti (Pecharsky e Gschneidner, 1997b) e a quelle di Tegus et al.,2002,  già dall’inizio di questo millennio è possibile pensare in maniera realistica alla refrigerazione magnetica per le applicazioni commerciali ed anche per alcuni segmenti particolari di mercato.

Un numero inferiore di lavori riguarda la progettazione ed il dimensionamento delle macchine termodinamiche. Nel settore delle applicazioni a temperatura ambiente un punto di riferimento è costituito dal refrigeratore magnetico progettato da Brown (1976). Un ulteriore refrigeratore magnetico a ciclo Stirling è stato presentato da Barclay e Steyert, ed un altro ancora da Zimm et al. in collaborazione con l’Astronautics Corporation ed il laboratorio AMES dell’Università dello Stato dell’IOWA. Degni di nota sono i risultati raggiunti da Chubu/Toshiba in Giappone e dall’Università di Victoria in Canada. Oggigiorno, nella  letteratura scientifica sono stati pubblicati circa  due dozzine di lavori riguardanti i prototipi costruiti. Per informazioni su tali prototipi e sulle schede tecniche di tali macchine si può consultare Gschneider et al., 2005. Un’altra interessante ed esauriente pubblicazione è stata proposta da Yu et al., 2003. Tutt’ora, altri prototipi  risultano essere in fase di progettazione e costruzione. La conoscenza di alcuni di essi è avvenuta in via confidenziale e, pertanto, non ne è ancora avvenuta la relativa presentazione.

2. Principi di base

La figura 2 illustra le quattro trasformazioni di base di un ciclo frigorifero tradizionale a compressione/espansione di gas: compressione del gas, rigetto del calore, espansione del gas e acquisizione del calore. Le ultime due fasi sono quelle che producono l’effetto di raffreddamento. La potenza frigorifera principale viene prodotta in seguito all’espansione del refrigerante.

Il processo di raffreddamento magnetico avviene in maniera analoga. Confrontando la figura 2 con la figura 3 si può notare che al posto della compressione del gas si ha una sostanza magneto-calorica che viene introdotta all’interno di un campo magnetico e che, al posto dell’espansione, tale sostanza viene estratta al di fuori del campo. Come già illustrato nel precedente capitolo tali processi provocano un cambiamento di temperatura della sostanza che consente il rigetto o l’acquisizione di calore proprio come in un ciclo frigorifero tradizionale.

Tra i due processi esistono delle differenze. L’acquisto o la cessione di calore in un refrigerante gassoso è un processo piuttosto rapido, poiché le turbolenze che si vengono a creare permettono una trasmissione rapida ed efficiente del calore. Purtroppo ciò non avviene nei materiali solidi magneto-calorici. Qui il meccanismo di trasporto del calore avviene grazie ad una lenta propagazione molecolare. Per questo, attualmente, si pensa che la migliore soluzione per superare il problema sia l’impiego di conformazioni porose. Le ridotte distanze delle regioni centrali dell’ammasso di sostanza dal dominio del fluido trasportatore di calore, dove esso cattura il calore e lo trasferisce lontano dalla superficie del materiale, rendono più celere il processo di raffreddamento magnetico.

Refrigeratori magnetici lineari e rotativi

È possibile realizzare i quattro processi di base di un refrigeratore magnetico mediante macchine come quelle descritte nel brevetto dell’Università di Scienza Applicate della Svizzera Occidentale (Kitanovski et al., 2004).  Esso descrive una macchina assiale (figura 4 di sinistra), mentre un secondo recente brevetto depositato si riferisce ad un refrigeratore di tipo radiale. Esistono anche prototipi con movimento rettilineo.

Tali prototipi lavorano come le macchine rotative per il recupero di calore che da decenni vengono impiegate nel condizionamento dell’aria. La prima fase è costituita dalla magnetizzazione di un materiale solido poroso magneto-calorico all’interno di un campo magnetico, seguita da un simultaneo riscaldamento del materiale (zona A). Mediante un opportuno fluido tale materiale viene raffreddato (sempre zona A); in seguito esso viene portato al di fuori del campo magnetico dove si smagnetizza (B). Qui la lega magneto-calorica si raffredda e viene riscaldata da un fluido, che preferibilmente deve fluire in senso opposto a quello precedente (sempre nella zona B). Se si impiega il fluido caldo sul lato A allora si ottiene una pompa di calore mentre se si impiega il fluido freddo allora la macchina funziona come un raffreddatore o un refrigeratore.

4. Cicli termodinamici

Il ciclo termodinamico di base su cui si basa il funzionamento della macchina è il ciclo di Brayton. Un tale tipo di macchina opera con due trasformazioni adiabatiche e due iso-magnetiche (vedi figura 5). I processi 1-2 e 3-4 rappresentano la magnetizzazione da un campo magnetico H0(1) ad uno H0(2), che ne costituisce la magnetizzazione inversa.

 

In questa memoria non è possibile riportare tutti i particolari termodinanici relativi ad un refrigeratore magnetico. Una panoramica esauriente riguardante i cicli termodinamici è stata pubblicata da Kitanovski e Egolf (2006).

5. Impianti multi-stadio

Per ottenere buoni rendimenti, i refrigeratori magnetici devono operare con magneti permanenti. Allo stato attuale degli studi un valore realistico di induzione sembra essere moH = 2 Tesla. In particolari casi è possibile utilizzare localmente campi magnetici di valori più alti. Nel caso di induzione pari a 2 Tesla, la maggior parte dei materiali presentano una differenza di temperatura adiabatica da 7 a 8 K, anche se pur solo nel caso di fenomeni d’isteresi trascurabili. Le isteresi implicano irreversibilità che portano ad una diminuzione del coefficiente di  prestazione della macchina. Da tale considerazione emerge che le applicazioni che presentano ridotte differenze di temperatura risultano essere più adatte per la refrigerazione magnetica di quelle in cui si registrano elevate differenze di temperatura. Inoltre lavorare a temperature prossime a quella di Curie favorisce, nei materiali magneto-calorici, applicazioni con livelli operativi di temperatura piuttosto stabili. A seguito di quanto detto in precedenza, è necessario pensare a macchine funzionanti in cascata (vedi figura 6) o a macchine rigenerative (maggiori dettagli sono riportati in Kitanovski e Egolf, 2006).

Per progettare una macchina multi-stadio può essere di grande aiuto lo schema riportato in figura 7 che mostra un refrigeratore a due stadi reversibile. Nel caso di un numero di stadi superiore a tale soluzione devono essere apportate alcune modifiche.


Figura 6
: I collegamenti tra gli stadi devono essere garantiti con continuità. A tale scopo, nel caso di quattro macchine, è necessario  utilizzare tre pompe. Oltre a ciò, è necessaria una pompa sia per il serbatoio di calore che per la sorgente. A causa di potenziali perdite, i fluidi utilizzati debbono essere gli stessi in tutte le parti idrauliche


6. Stima del coefficiente di prestazione

Nel caso in cui il refrigeratore magnetico non possa raggiungere la necessaria differenza di temperatura tra la temperatura della sorgente di calore ed il serbatoio di calore in un unico stadio, è necessario ricorrere ad un ciclo in cascata o ad un ciclo multi-stadio rigenerativo. Il numero di stadi necessari dipende dall’intensità delle variazioni del campo magnetico, dall’efficienza di scambio termico, ecc. Al fine di ottenere un trasferimento di calore da uno stadio ad un altro è necessario avere una differenza di temperatura tra di essi, cosa che porta a perdite per irreversibilità. Per determinare la differenza di temperatura finale, è necessario supporre cicli frigoriferi con diversi stadi e prendere in considerazione la quantità di calore che si riesce a trasferire tra di essi così come deve essere considerata la quantità di calore trasferita in corrispondenza degli scambiatori di calore alla sorgente ed al serbatoio. Un ciclo termodinamico di un refrigeratore magnetico può raggiungere al massimo l’80% dell’efficienza di un ciclo di Carnot. Ma tale assunto è valido solo nel caso di un refrigeratore a singolo stadio che impiega materiali magneto-calorici a piccola isteresi. Rimane assodato che il coefficiente di prestazione termico COPterm non tiene in considerazione tutte le perdite presenti in un refrigeratore magnetico. Ulteriori effetti di irreversibilità sono:

1.     La “perdita di energia” dovuta alla frizione tra il rotore cilindrico e la sua sede Pfriz

2.     Perdite di energia dovute al motore che aziona il rotore con efficienza hmot

3.     Perdita di energia dovuta ai due flussimetri nella struttura porosa Pmatrix

4.     Perdite di energia delle pompe, sia dal punto di vista idraulico che elettrico Ppom

5.     Perdita di energia dovuta al flusso dei fluidi all’interno delle tubazioni  Ptubi

Per rendere minime tali perdite la frequenza di rotazione non deve risultare essere troppo elevata. Anche le velocità dei fluidi devono essere abbastanza ridotte, perché altrimenti le perdite di potenza dovute al flusso attraverso le strutture porose diminuiscono notevolmente il valore finale del COP. Le perdite dovute alle pompe ed al flusso di fluido all’interno dei tubi di collegamento risultano essere trascurabili. Ci si attendono maggiori valori del COP in numerose applicazioni rispetto ad analoghe tecnologie di refrigerazione di tipo tradizionale.

7. Calcolo del campo magnetico

Studi molto accurati richiedono modelli teorici e simulazioni numeriche del comportamento magnetico e termodinamico del funzionamento di tali macchine. Un approccio più appropriato richiede una trattazione combinata tra aspetti termici e magnetici. Attraverso l’elaborazione dei parametri relativi ad  opportuni prototipi è possibile ottimizzare i relativi calcoli. Anche un approccio semplificato porta a lavorare in uno spazio a 16 dimensioni (Egolf et al., 2006b). La figura 8 riporta un esempio del calcolo del campo magnetico.


8. Calcoli termodinamici

La figura 9 mostra un modello presentato in Kitanovski et al., 2005. Attraverso di esso sono state calcolati nove differenti campi di temperatura nello scambiatore di calore poroso rotante. La ruota cilindrica è stata rappresentata attraverso un rettangolo. È possibile notare le due zone, quella inferiore fredda e quella superiore calda, separate dalle differenze di temperatura adiabatiche.