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PRINCIPI DI BASE DEL CONDIZIONAMENTO DELL'ARIA
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Impianti di climatizzazione ad acqua a tre tubi

Pierfrancesco Fantoni

Introduzione

Come visto, gli impianti di climatizzazione idronici a due tubi rappresentano la tipologia più semplice, dal punto di vista costruttivo, per distribuire il caldo ed il freddo alle utenze. Inoltre il loro costo risulta contenuto. A loro favore depone il fatto che consentono una regolazione autonoma della temperatura in ogni ambiente dotato di termostato, con la possibilità, anche, di escludere dal funzionamento alcuni ventilconvettori quando in alcune stanze non è necessaria la climatizzazione. Tali impianti, però, non offrono grande versatilità d’impiego soprattutto in quei casi in cui si devono condizionare molti ambienti, dislocati secondo ubicazioni diverse (ad esempio alcuni a nord ed altri a sud) e destinati ad uso diversi (ad esempio alcuni più affollati di altri oppure contenenti fonti di calore diverse). Infine, non bisogna scordarsi che spesso, nelle mezze stagioni, le esigenze termiche degli utenti finali sono differenti: qualcuno vuole il caldo ed altri il fresco.

Con un impianto a due tubi non è possibile soddisfare contemporaneamente esigenze contrastanti. Per tale ragione trovano applicazione gli impianti a tre tubi, che permettono di superare le limitazioni proprie degli impianti a due tubi. Essi si adattano particolarmente a quegli edifici in cui, soprattutto nelle mezze stagioni, solo una parte di essi risulta essere esposta al sole o perché esposta diversamente o a causa di ombre portate. In tale situazione le temperature all’interno degli mbienti possono essere anche sostanzialmente differenti, soprattutto nel caso in cui gli edifici sono dotati di ampie vetrate che favoriscono i fenomeni di irraggiamento dall’esterno verso l’interno.

Impianto a tre tubi

Rispetto all’impianto a due tubi, il terzo tubo viene posto sulla mandata e serve a convogliare l’acqua calda o refrigerata al ventilconvettore. Con tale espediente risulta possibile far funzionare le varie unità collegate in parallelo sia in riscaldamento che in raffreddamento in maniera assolutamente indipendente una dall’altra. Il vantaggio che se ne trae è indubbio: ora ogni ambiente può essere climatizzato in maniera autonoma, essendo il circuito specifico regolato unicamente dal termostato ambiente posto all’interno del locale (vedi figura 1). Tale termostato ha il compito di comandare la valvola a tre vie non miscelatrice  che permette il passaggio dell’acqua calda o dell’acqua fredda nello scambiatore del ventilconvettore. Il ritorno dell’acqua avviene mediante un solo tubo in cui fluisce sia l’acqua calda del circuito di riscaldamento sia quella refrigerata del circuito di raffreddamento. In tale modo, anche le condutture calde e fredde risultano essere in parallelo tra loro.

Normalmente sulla tubazione di ritorno, all’uscita di ogni ventilconvettore, viene installata una valvola di non ritorno. Essa consente di evitare la possibilità di avere flussi dell’acqua in senso inverso a quello desiderato.

Con un impianto a tre tubi è possibile garantire un range di temperature interne che va dai 20-21 °C a poco meno di 30 °C, sia per l’estate che per l’inverno, a prescindere dalla condizione che gli ambienti climatizzati siano colpiti dall’esterno direttamente dalla radiazione solare o che invece siano posti in ombra.

Infine, mentre in un impianto a due tubi è possibile arrestare manualmente il funzionamento dei ventilatori dei ventilconvettori, ottenendo così una sensibile variazione dello scambio termico e conseguentemente della temperatura dell’aria interna dell’ambiente, normalmente in un impianto a tre tubi non viene reso possibile l’arresto manuale dei ventilatori, altrimenti si otterrebbero perdite energetiche troppo elevate a causa della miscelazione dell’acqua calda e fredda nella tubazione di ritorno. Infatti, con l’arresto dei ventilatori si ha un brusco calo dello scambio termico tra acqua ed aria ambiente, con limitato Δt sull’acqua che transita nella batteria del ventilconvettore. Poiché tale acqua sulla tubazione di ritorno viene miscelata con quella proveniente dagli altri ventilconvettori, può verificarsi che acqua molto calda (che ha scambiato poco nel proprio ventilconvettore) vada a mescolarsi con acqua molto fredda (che anch’essa ha scambiato molto poco). Tutto ciò con una notevole perdita dal punto di vista energetico. 

Una zonizzazione variabile 

Dal punto di vista dell’utenza i vantaggi che tale tipologia d’impianto offre sono evidenti. Ogni esigenza può essere soddisfatta, sia come modalità di funzionamento (caldo/freddo), sia come regolazione della temperatura ambiente.

In pratica si ottiene una zonizzazione spontanea dei vari ambienti, che non risulta essere immutabile nel tempo ma variabile in quanto decisa di volta in volta dagli utenti in base alle loro esigenze di comfort. Tale zonizzazione non risulta essere dipendente dallo studio accurato di taluni fattori quali l’esposizione dei locali, la loro dislocazione all’interno dell’edificio e il loro utilizzo, come invece deve essere fatto nell’impianto a due soli tubi.

Tuttavia questa caratteristica qualitativa positiva comporta una maggiore complessità dell’impianto dal punto di vista della regolazione. Infatti qui abbiamo il contemporaneo funzionamento della centrale termica e del chiller per cui è indispensabile garantire la simultanea circolazione sia dell’acqua calda che di quella refrigerata. Ulteriore elemento da considerare è che la portata dei due circuiti non sempre deve essere quella massima, anzi. Se in un circuito funziona con la massima portata significa che tutti i ventilconvettori sono commutati sul medesimo funzionamento (o caldo o freddo), il che significa che l’altro circuito deve essere disinserito. In generale, quando funzionano entrambi i circuiti, significa che alcune unità funzionano in raffrescamento mentre altre in riscaldamento per cui entrambe le portate dei circuiti idraulici devono essere inferiori a quelle massime.

Questa esigenza impiantistica viene soddisfatta mediante l’impiego di due pompe sui rispettivi circuiti del caldo e del freddo aventi la caratteristica di poter garantire una portata variabile nel tempo in relazione alle specifiche esigenze del momento. 

Problematiche di regolazione 

Risolto il problema di avere una portata variabile nei due circuiti idraulici del caldo e del freddo, resta da chiarire quali dispositivi di controllo impiegare per raggiungere tale scopo e quali accorgimenti adottare per garantirne la funzionalità nel tempo.

Innanzitutto occorre impiegare un dispositivo in grado di regolare la velocità delle pompe. Esso non può che funzionare sulla base della necessità o meno di pompare all’occorrenza acqua nel circuito idraulico di mandata. Allo scopo può essere utile un pressostato differenziale, in grado di comandare le pompe in base alla differente pressione che rileva tra il circuito di mandata dell’acqua e quello di ritorno. Così, grazie alla rilevazione del differenziale di pressione rilevato è possibile aumentare o diminuire la portata d’acqua in funzione delle richieste di caldo/freddo provenienti dai ventilconvettori. Inoltre si evita una circolazione sovrabbondante di acqua attraverso i ventilconvettori stessi quando non è necessaria.

Nel caso di funzionamento in raffrescamento, però, tale soluzione comporta un ulteriore accorgimento da adottare. Infatti per bassi carichi termici richiesti dalle utenze, il pressostato differenziale riduce la velocità delle pompe e quindi il flusso di acqua all’interno del circuito freddo. Di conseguenza il chiller deve soddisfare un basso carico termico: il rischio è che la poca acqua in circolazione venga eccessivamente raffreddata e possa anche congelare all’interno dello scambiatore. Infatti normalmente il chiller lavora con temperature dell’acqua in ingresso di 10-12 °C mentre in uscita di 6-7 °C. Una diminuzione del carico termico e della portata dell’acqua può avere come conseguenza il congelamento dell’acqua refrigerata stessa, con conseguenze immaginabili. Per evitare tale inconveniente è possibile pensare di impiegare un idoneo by-pass che permette all’occorrenza di mantenere comunque costante la portata di acqua all’interno dello scambiatore del chiller indipendentemente dalla richiesta di freddo delle varie utenze.