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REFRIGERAZIONE
VS CONDIZIONAMENTO:
ANALOGIE E DIVERSITA' NELLA CONDUZIONE DEGLI IMPIANTI
(Art. 127)
Pierfrancesco Fantoni
In molti casi, le aziende che eseguono l’installazione e la manutenzione degli impianti di refrigerazione operano anche nel campo del condizionamento, soprattutto su macchine di piccola e media potenzialità. In linea di principio le procedure e le misurazioni di base che si eseguono sui circuiti sono le medesime per gli impianti di entrambi i settori, anche se esistono delle differenze concernenti alcune particolarità.
In maniera sintetica si proverà a porre in risalto quali sono gli elementi legati alla tecnica di conduzione degli impianti che accomunano la refrigerazione ed il condizionamento ma soprattutto quali sono le principali differenze di cui bisogna tenere conto nella pratica quotidiana.
Lo stato della superficie
dell’evaporatore è uno dei primi indicatori che si osservano per verificare il
corretto funzionamento dell’impianto frigorifero. L’evaporazione del
refrigerante al suo interno provoca una diminuzione della temperatura di questo
componente che si riflette nella formazione sulla sua superficie esterna di
brina o di goccioline d’acqua. La distinzione che si verifica tra il campo della
refrigerazione e quello del condizionamento è propria questa: in
refrigerazione l’evaporatore si brina in maniera uniforme a causa delle
temperature negative di lavoro che normalmente si hanno, mentre in
condizionamento, lavorando in condizioni normali a temperature sopra lo zero, si
ha la formazione di sole goccioline di acqua dovute alla condensa del vapor
d’acqua contenuto nell’aria che viene raffreddata. La quantità di brina che si
forma sull’evaporatore dipende anche dalla temperatura di evaporazione: più è
bassa maggiore è tale quantità. Quando si lavora a basse temperature, un
evaporatore abbondantemente brinato rientra nella normalità. Rispetto al
condizionamento, quindi, in refrigerazione si ha il vantaggio di poter
apprezzare anche a vista se l’impianto funziona bene, semplicemente osservando
il suo grado di brinamento: più difficile è fare la stessa cosa quando lo
scambiatore è ricoperto di sole goccioline d’acqua. La diversità evidenziata tra
refrigerazione e condizionamento si attenua nel caso degli impianti di
condizionamento reversibili che funzionano in pompa di calore. Infatti in pompa
di calore capita spesso di evaporare a temperature negative, e quindi di
lavorare con evaporatore brinato. Anche qui, quindi, si tratta di gestire gli
sbrinamenti e le diverse modalità in cui essi avvengono. In refrigerazione sono
più comuni gli sbrinamenti mediante resistenza elettrica mentre in
condizionamento/riscaldamento quelli ad inversione di ciclo mediante l’impiego
di una valvola a quattro vie.
Il discorso fatto per
l’evaporatore si può trasferire anche alla tubazione di aspirazione. Chi lavora
in refrigerazione è abituato al controllo visivo del tubo di ritorno per vedere
se esso risulta idoneamente brinato, e per quale lunghezza. A seconda del tipo
di applicazione (bassa/media temperatura) il tubo può essere più o meno coperto
di brina, talvolta addirittura fino al compressore. Con l’osservazione della
quantità di brina presente è possibile ricavare informazioni qualitative
riguardo il grado di surriscaldamento del gas aspirato e la correttezza della
carica dell’impianto. In condizionamento, dove manca la brina, questo discorso
viene a cadere.
In linea di principio, per
quanto riguarda la condensazione, non ci sono particolarità tecnologiche che
differenziano i due settori uno dall’altro. Va da sé, però, che nel campo del
condizionamento, soprattutto per i grossi impianti, va per la maggiore la
condensazione in acqua. In refrigerazione, solitamente, anche nel caso di
impianti di non piccole dimensioni, troviamo la condensazione in aria.
Sostanzialmente questo è dovuto al fatto che in condizionamento si lavora
prevalentemente nella stagione calda, con elevate temperature dell’aria esterna,
per cui la condensazione in aria diventa troppo onerosa da sostenere. Ovviamente
tutto questo richiede una componentistica specifica: scambiatori a piastre o a
fascio tubiero, apposito circuito per la gestione dell’acqua di raffreddamento,
valvole di regolazione del flusso dell’acqua, ecc.
Sia nella refrigerazione
che in condizionamento si è proceduto negli ultimi anni al progressivo abbandono
dei gas contenenti cloro. Ormai tutti gli impianti sia di refrigerazione che di
condizionamento sono caricati con HFC. Nel primo settore vi è una maggiore
disponibilità di gas, anche in relazione ai diversi e numerosi tipi di
applicazioni esistenti: tra i più usati ricordiamo R404A, R507A, R134a oltre a
vari tipi di miscele dal nome commerciale. In condizionamento la rosa è, invece,
abbastanza ridotta: R410A, in prevalenza e, in misura minore, R407C ed R134a.
L’unico refrigerante monocomponente, l’R134a, trova impiego sia in
condizionamento (anche se in ambito piuttosto ristretto e specialistico) sia in
refrigerazione.
Anche per quanto riguarda
gli oli, di pari passo con l’eliminazione dei gas clorurati, si ha l’abbandono
dei lubrificanti minerali con un sempre più vasto impiego di quelli sintetici.
In refrigerazione vanno per la maggiore gli oli polioliestere (POE) mentre in
condizionamento trovano impiego anche gli oli polialchilenglicoli (PAG).
Tutti i tecnici frigoristi con una certa esperienza sono a conoscenza del fatto che nel condizionamento si lavora con pressioni BP più elevate che in refrigerazione a causa delle più alte temperature di evaporazione, che normalmente caratterizzano gli impianti di condizionamento. Oltre a ciò si aggiungono le peculiarità fisiche proprie di gas quali l’R410A e l’R22 (molto usati nel condizionamento) che presentano (a parità di temperatura di lavoro) pressioni più elevate. In generale, quindi, lavorare sugli impianti di condizionamento implica una maggiore attenzione nella gestione dei gas (carica dell’impianto, recupero del gas, ecc.) e delle relative attrezzature di lavoro (gomme flessibili di collegamento, vedi tabella 1) o strumenti di misura (manometri, gruppi manometrici, vedi figura 1) proprio per i motivi appena citati.
Gli impianti di refrigerazione, per definizione, sono deputati a lavorare lungo tutto l’arco dell’anno, dato che devono garantire la conservazione delle derrate alimentari per tale tempo. Invece non tutti gli impianti di condizionamento sono destinati a lavorare con continuità per l’intero anno. Generalmente, infatti, essi, funzionano solo nel periodo più caldo dell’anno a meno di particolari impianti che svolgono servizi particolari nell’arco di tutti e dodici i mesi. Sta di fatto, comunque, che la manutenzione ordinaria e periodica che viene eseguita sugli impianti può essere svolta con maggiore facilità negli impianti di condizionamento, proprio in quei periodi dell’anno in cui essi non risultano essere in funzione. In un impianto di refrigerazione, invece, la manutenzione va eseguita con impianto in funzione e con il materiale deperibile presente all’interno dell’apparecchiatura, ragione di preoccupazione in più per il tecnico che esegue il lavoro.
Tabella 1 |
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|
Gomme flessibili |
Gomme flessibili |
|
Resistenza alla pressione |
Pressione normale |
35 |
52 |
|
Pressione di rottura |
173 |
275 |
||
Materiale impiegato |
Gomma NBR |
Gomma HNBR * con copertura
interna in nylon |
||
Tipo di attacco |
7/16 UNF |
1/2 UNF |
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*
l’R410A è compatibile con la
gomma HNBR con alcune eccezioni |
Figura 1