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GRANDI IMPIANTI AD AMMONIACA CON PICCOLE CARICHE DI
REFRIGERANTE
PROGETTAZIONE ED ESPERIENZA OPERATIVA
A. B. Pearson - Star Refrigeration
L’eliminazione dei CFC e le restrizioni sull’uso degli HCFC e
HFC hanno prodotto in Europa un aumento significativo dell’uso dell’ammoniaca.
Nonostante i risultati ottenuti, l’obiettivo ancora da realizzare è quello di
estendere ancora di più l’ammoniaca dove tuttora si utilizzano gli alogenati.
Una via per lo sviluppo dei sistemi ad ammoniaca in questi mercati è
rappresentata dalla riduzione della carica refrigerante a livelli più bassi,
ovviamente non compromettendo l’affidabilità delle operazioni a lungo termine.
Questo documento vuole lanciare una sfida per i tecnici nel riesaminare le
abitudini consolidate alla luce degli sviluppi tecnici, commerciali e
legislativi. Gli sviluppi effettuati da un lato hanno cercato di accrescere
l’uso dei sistemi con ammoniaca, da un altro sono considerati come una possibile
minaccia alle usuali pratiche. Possono essere utilizzati solo adattandoli alla
progettazione tradizionale oppure abbandonando tale progettazione completamente.
Tutto questo richiede un’attenta pianificazione.
Introduzione:
L’ammoniaca iniziò ad essere usata come
refrigerante a partire dal 1859, quando in Francia i fratelli Carré svilupparono
il processo ad assorbimento. Fu usata dapprima negli Stati Uniti nel 1863
durante
Ultimamente i sistemi tendevano ad essere
grandi sistemi che immettevano in circolo refrigerante R22, oppure impianti più
piccoli a blocco con R502 ad espansione diretta, oppure ancora, per i sistemi
senza pompe, utilizzano “ricevitori a bassa pressione”. L’ammoniaca è rimasta
solamente nei vecchi impianti, grazie alla forte tradizione del suo uso, o
perché sostenuta dalle appropriate competenze locali, per esempio nelle
fabbriche di birra. Nel Regno Unito, molti magazzini frigoriferi, industrie
alimentari e tutte le piste di pattinaggio costruite dal 1970 al 1990 usarono
gli alogenati (principalmente l’R-22). I chiller, raffreddatori d’acqua, per il
condizionamento dell’aria degli edifici, si basarono quasi esclusivamente su un
sistema a base di alogenati, soprattutto chiller con compressori centrifughi ad
R12 con capacità più grandi, e chiller R-12 o R-22 con compressori multipli
semi-ermetici alternativi, usati per i sistemi più piccoli. In altre zone
dell’Europa, l’estensione del cambiamento risultò diversa: mentre l’Europa
centrale mantenne più impianti ad ammoniaca,
Negli Stati Uniti, il mercato dei condizionatori d’aria è
risultato essere più avanzato, con un uso maggiore di chillers con compressori
centrifughi ad R-11 e R-12. Il settore industriale della refrigerazione fu
considerato come una nicchia all’interno di un mercato più grande, e quindi al
suo interno continuarono ad usare l’ammoniaca, tradizionalmente in sistemi
installati contenenti due o più livelli di temperatura, con ammoniaca trattenuta
in ampi serbatoi e pompata all’impianto refrigerante, ai magazzini frigoriferi e
agli utenti dei processi. Si è calcolato che ci sono circa 2000 strutture negli
USA con una carica di ammoniaca che supera i 4.500 Kg, che è la soglia per la
registrazione dell’installazione dell’Occupational Safety and Health
Administration (OSHA). Il più grande di questi impianti contiene oltre oltre
180.000 Kg di carica di refrigerante.
Le conseguenze
dell’eliminazione dei CFC
La divergenza tra i mercati europei e
quelli americani nel settore della refrigerazione e del condizionamento
nell’affrontare il problema dell’assottigliamento dell’ozono ha avuto forti
ripercussioni. All’inizio del 1977, la legislazione statunitense ordinò l’uso
limitato dei CFC negli aerosol, considerati come “sistemi a perdita totale”, ma
non introdusse nessun provvedimento per
gli
impianti di condizionamento dell’aria e in particolar modo per quelli delle
automobili. Di fatto, in quel momento, anche gli impianti d’aria condizionata
delle automobili rappresentavano un sistema a perdita totale, ma nessun
tentativo fu intrapreso per recuperare il refrigerante di quei veicoli. Diversa
la situazione in Europa, e in particolar modo nel Nord Europa, dove prima si
mise sotto stretto controllo il mercato della refrigerazione e del
condizionamento dell’aria, e poi gli aerosol. Quando venne ratificato nel 1986,
per la prima volta, il Protocollo di Montreal,
L’industria della refrigerazione
commerciale e industriale europea, che dipendeva dall’R-12 e R-502,
aveva bisogno di trovare alternative. Gli HFC come
l’R-134A riempirono il vuoto nel mercato commerciale, e l’R-22 fu considerato,
per un lungo periodo,
come “parte della soluzione, non parte del
problema”, problema che in Europa sarebbe divenuto chiaro solamente in seguito.
Fondamentalmente gli HFC non si
presentavano adatti ai sistemi industriali più grandi, erano relativamente
costosi, la carica di un impianto industriale
rappresentava una significativa proporzione
dell’investimento per l’impianto, inoltre richiedeva l’uso di nuovi
lubrificanti, nessuno dei quali adatto ad essere impiegato nei sistemi più
grandi e sembrava, in un modo o nell’altro, più incline a perdite rispetto ai
suoi predecessori.
In breve tempo fu riscoperta l’ammoniaca in Europa e
adottata con entusiasmo dal mercato industriale. Tuttavia gli utenti si
dimostrarono poco pratici nell’utilizzo dell’ammoniaca, i tecnici
dell’assistenza, infatti, erano maggiormente abituati ad usare soprattutto
impianti, con alogenati (CFC-HCFC), totalmente automatici, con spurgatori d’aria
automatici e con ritorno dell’olio, risultava impossibile ritornare ai sistemi
ad ammoniaca tradizionali che invece continuavano ad essere installati negli
USA; per queste ragioni, in Europa iniziarono a sviluppare altre tecniche. Le
nuove pratiche inclusero l’uso dell’ammoniaca negli impianti chiller con
evaporatori a bassa carica, utilizzando un ricevitore a bassa pressione (basato
sui CFC) per renderlo adatto all’ammoniaca.
I chiller: relazione tra
i diversi tipi di scambiatori e la carica di refrigerante
I chiller tradizionali ad acqua e glicole
usano uno scambiatore a fascio tubiero. Per operazioni di espansione a secco il
fluido refrigerante circola all’interno dei tubi, ma molti chiller ad ammoniaca
operano in modo “allagato”: cioè con l’acqua o il glicole all’interno dei tubi e
ammoniaca liquida nel serbatoio. Questo sistema porta dei vantaggi, ma anche una
carica di ammoniaca maggiore in proporzione alla capacità frigorifera. Quando si
usano dei condensatori ad aria o evaporativi, è presente all’interno di questi
una quantità significativa di liquido refrigerante, e così un chiller
tradizionale ad acqua, con serbatoio allagato, con un evaporatore a fascio
tubiero e un condensatore diretto, potrebbe contenere anche 1 kg/kW (
Ci sono alcuni modi in cui si può ottenere l’operazione quasi
a secco della piastra dell’evaporatore, ad esempio, includendo l’uso di una
valvola a espansione termostatica o elettronica per controllare il
surriscaldamento d’aspirazione, e l’utilizzo di un ricevitore a bassa pressione
con un “galleggiante di controllo nel lato di alta”. Ci sono alcuni tipi di
impianti sul mercato che usano un controllo di surriscaldamento, ma esiste
sempre il rischio di riportare troppo liquido al compressore se non è installata
una vasca di aspirazione, soprattutto con il rapido variare delle condizioni
richieste di refrigerazione. Il sistema con ricevitore a bassa pressione è
“caricato criticamente” e l’eccesso di carica non può tornare indietro al
compressore. Questo offre l’efficienza e l’affidabilità del sistema allagato a
gravità, ma il ricevitore può essere posizionato dovunque relativamente
all’evaporatore, offrendo di conseguenza più flessibilità nella progettazione
degli impianti chiller.
Lo scambiatore di calore a piastre con
serbatoio è una variante dello scambiatore di calore a piastre adatto per le
applicazioni con alte pressioni nel secondario. Questo comprende una serie di
piastre inflesse circolari, saldate a laser sulle giunzioni e compresse in un
involucro d’acciaio. Fornisce una struttura molto compatta, diversa dagli
scambiatori di calore a piastre con telaio, e difficile da smontare per pulire.
Se viene richiesto un evaporatore a bassa carica, e la pulizia del circuito
secondario è essenziale, si potrebbe considerare un chiller a spruzzo. Questo
è un serbatoio a fascio tubiero, ma con una pompa
che porta il liquido su un tubo forato che spruzza il liquido sopra le tubazioni
del fascio
tubiero. Nel serbatoio non vi è quasi traccia di liquido, ma le superfici delle
tubazioni sono bagnate, garantendo, in un’ampia scala di capacità,
un’operatività efficiente. In qualsiasi circostanza, non c’è nessun rischio di
eccesso di liquido.
Gli scambiatori di calore a micro canali
estrusi o prefabbricati sono stati sviluppati per le applicazioni di
refrigerazione, come gli evaporatori per i sistemi ad anidride carbonica e i
condensatori per i chiller R-134a. Fino ad oggi questi nuovi scambiatori di
calore non sono stati applicati ai chillers ad ammoniaca, ma la prospettiva è
molto allettante, siccome dovrebbe essere possibile raggiungere l’indice di
carica specifica di una piastra per i chiller senza l’obbligo di avere un
circuito con condensatore ad acqua sul lato della dispersione del calore del
chiller. Una possibile difficoltà nell’uso dei condensatori a micro canali con
ammoniaca potrebbe essere, causata dal comportamento dell’olio immiscibile nel
condensatore, il passaggio del refrigerante in un diametro di solo
Nelle applicazioni di raffreddamento dell’aria, come i
magazzini frigoriferi e i congelatori, un recente miglioramento è stato quello
di bagnare le superfici interne dei tubi: perfezionamento importante per gli
evaporatori ad espansione diretta, per quei sistemi con ricevitori a bassa
pressione, ed è tanto più importante quanto maggiormente si abbassano le
temperature.
Nelle applicazioni di refrigerazione non risulta difficile
stabilire un flusso ondoso o anulare nei tubi, ma nei magazzini frigoriferi e
nei congelatori ad aria forzata o a spirale, nei quali la massa del flusso è
bassa, se confrontata con il flusso in volume, il regime del flusso è quasi
stratificato e normalmente soltanto il 10-20% della superficie del tubo è
bagnata. Con l’uso di tubi in alluminio, questa soluzione può offrire un
miglioramento significativo nell’efficienza del sistema del 10%, mentre si
riduce la quantità di liquido d’ammoniaca che rimane nell’evaporatore durante
l’operazione. Il controllo del surriscaldamento attraverso le valvole di
espansione termostatiche non è una scelta preferita per i raffreddatori d’aria
ad ammoniaca, per il rischio di perdita nelle valvole, e per l’operazione
prolungata dell’ammoniaca sulle giunzioni, che a sua volta può causare
l’erosione delle valvole (trafilatura) conducendo ad un’operazione erratica e
inaffidabile.
Problemi si possono anche verificare su grandi sistemi, se alcuni refrigeratori ad espansione diretta sono sbrinati contemporaneamente, grandi volumi di liquido potrebbero ritornare nell’aspirazione a secco alla fine dello sbrinamento. L’uso di refrigeratori di alluminio migliorati assieme all’utilizzo di un sistema con ricevitori a bassa pressione potrebbe eliminare questi problemi.