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CENTRO STUDI GALILEO

 

IMPIANTISTICA FRIGORIFERA INNOVATIVA
CON FLUIDI FRIGORIGENI NATURALI

P. Amirante, G. Didonna, F. Sciascia, A. Iannone - Dipartimento PRO.GE.SA., Università degli studi di Bari
S. Girotto - Societ ENEX srl

Riassunto

Nella seguente nota vengono esposte le linee programmatiche del progetto nazionale di ricerca sulle "Tecnologie innovative sulla frigoconservazione con fluidi refrigeranti naturali" e l'attivita' finora svolta dalle unita' operative afferenti al progetto. Pertanto, dopo una sintetica introduzione sugli effetti prodotti dall'emissione di fluidi refrigeranti sull'ambiente, sono stati riepilogati i regolamenti emessi dagli accordi internazionali stipulati fra i vari Stati ed i limiti imposti dalla legislazione europea sull'uso dei gas fluorurati.

Il progetto di ricerca ha previsto la costruzione ed il monitoraggio di tre impianti frigoriferi pilota che utilizzano i due gas naturali di maggiore interesse e cioe' l'anidride carbonica e l'aria.

Sono stati, quindi, esposti i criteri generali di progettazione degli impianti e la loro definizione costruttiva, nonche' le metodiche con cui si ritiene di valutarne l'efficienza.

Parole chiave: fluidi naturali; effetto serra; refrigerazione; anidride carbonica; ciclo ad aria

INTRODUZIONE

Negli impianti di refrigerazione a compressione di vapore, l'utilizzo di fluidi naturali come l'aria, l'anidride carbonica, gli eteri, l'ammoniaca, l'anidride solforosa ed il cloruro di metile, ha avuto inizio circa un secolo fa. Nel passato, alcuni studi in reali condizioni d'impiego dimostrarono che l'aria e l'anidride carbonica non si prestavano ad essere adoperate nei piccoli impianti, mentre le rimanenti sostanze risultavano chimicamente pericolose o infiammabili. In seguito, nel 1930 circa, il problema e' stato superato con l'avvento dei clorofluorocarburi (CFC) che, come fluidi refrigeranti, presentavano favorevoli condizioni di sicurezza, stabilita' e resa

Il loro impiego ha fornito notevole impulso alla tecnologia della refrigerazione ed a quello del condizionamento dell'aria, sia in ambito domestico che pubblico.

L'utilizzo dei CFC si e' esteso anche in campi diversi, come quello dell'aerosol e della solvenza; questo abuso ha portato la quantita' delle loro immissioni nell'atmosfera ad una crescita esponenziale.

Gli scienziati statunitensi Molina e Rowland negli anni '70 ipotizzarono per primi che i clorofluorocarburi (CFC) e gli idroclorofluorocarburi (HCFC) potessero contribuire all'assottigliamento e alla conseguente distruzione dell'ozono stratosferico. Tale ipotesi e' stata successivamente convalidata da altri studiosi ed accettata dai governi di molti Stati che hanno siglato accordi e protocolli tesi a contenere il fenomeno del cosiddetto buco dell'ozono attraverso limitazioni dell'uso dei CFC e degli HCFC

Il problema noto come "buco dell'ozono" desta importanti preoccupazioni. L'ozono (O3) e' un gas presente nell'atmosfera, composto da tre atomi di ossigeno, che ha il compito di ridurre l'intensita' delle radiazioni ultraviolette (UV) provenienti dal sole. Esso si forma quando avviene una collisione tra un atomo di ossigeno ed una molecola di ossigeno: tramite un catalizzatore l'atomo si lega alla molecola con un legame alquanto debole. La funzione principale dell'ozono e' quella di assorbire le radiazioni ultraviolette provenienti dal sole; esso funge quindi da filtro protettivo senza il quale non sarebbe possibile la vita sulla terra. In particolare il freon e in generale tutti i CFC, presenti in quantita' sempre piu'massiccia e preoccupante nell'ambiente fin dagli anni '70, disfano il legame gia' fragile dell'ozono, diminuendo la quantita' di ozono e, di conseguenza, la sua capacita' di filtraggio dei raggi UV. Ne consegue un rischio concreto per la vita sul nostro pianeta

Nel 1985 si comincio' a prendere atto del gravissimo fenomeno ed alcuni scienziati notarono che al di sopra della calotta antartica lo strato di ozono era diminuito di circa il 40% e questa diradazione delle molecole di O3 tendeva ad aumentare. Dalla meta' degli anni '90 e' stata proibita la produzione di CFC; oggi si usano degli altri gas derivati dai CFC, quali gli idroclorofluorocarburi (HCFC) e gli idrofluorocarburi (HFC) che sono meno dannosi dei CFC ma non del tutto innocui. Una minaccia ben piu'grave per il nostro pianeta e' pero' costituita dagli effetti della combustione degli idrocarburi e delle altre fonti energetiche non rinnovabili che determinano ingenti danni come l'effetto serra.

L'effetto serra e' un fenomeno legato all'irraggiamento termico. La terra riceve energia dal sole, sotto forma di radiazioni elettromagnetiche ("onde corte" di lunghezza l relativamente piccola, che entrano a far parte dell'ultravioletto), la assorbe e la trasforma in calore (onde di lunghezza maggiore, rientranti nella banda degli infrarossi), riflettendola poi di conseguenza.

Le radiazioni emanate dal sole riescono ad attraversare facilmente l'atmosfera grazie ad una lunghezza d'onda che ne consente l'attraversamento senza essere assorbite in modo considerevole. L'atmosfera, infatti, e' costituita da gas che non assorbono, se non in piccole quantita', le onde corte, mentre intercettano quelle lunghe. Quando queste radiazioni arrivano sulla superficie terrestre (circa il 50% di quelle di partenza), vengono assorbite dal suolo e rilasciate gradualmente nell'ambiente sotto forma di calore, conferendo alla Terra un riscaldamento che va dal basso verso l'alto. L'atmosfera, in questa situazione, si comporta come una serra: essa lascia passare le radiazioni solari ma non quelle termiche della terra, intrappolandone il calore. Tale situazione e' provocata principalmente dal vapore acqueo e dall'anidride carbonica presenti nell'atmosfera. Con l'industrializzazione la presenza nell'ambiente di anidride carbonica e' sensibilmente aumentata. Ancora oggi e' in aumento la quantita' di gas inquinanti quali: l'anidride carbonica stessa, il metano, l'anidride solforosa, il carbon fossile, etc.

Tutte queste sostanze contribuiscono ad aumentare la selettivita' dell'atmosfera, provocando un ulteriore innalzamento della temperatura media terrestre con conseguente innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento delle calotte glaciali.

Questo processo e' sempre avvenuto naturalmente e fa in modo che la temperatura della Terra sia di circa 33°C piu'calda di quanto lo sarebbe senza la presenza di questi gas.

L'anidride carbonica prodotta dai gas di scarico e dall'emissione nell'atmosfera di clorofluorocarburi avvolge il nostro pianeta trattenendo una buona parte del calore emesso dalle radiazioni solari impedendo loro di disperdersi nello spazio. Si stima che la CO2 contribuisca per  l'80% al fenomeno "effetto serra". In conseguenza a tale fenomeno, la temperatura media sulla Terra e' aumentata di circa mezzo grado negli ultimi cento anni. Il 50% dei gas responsabili dell'effetto serra liberati nell'atmosfera, provengono dagli Stati Uniti, dai Paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Unione Europea. Per questa ragione occorre che questi Paesi comincino a porsi limiti severi [6,7,8].

I principali indici per la valutazione dei danni ambientali sono:

-) Ozone Depletion Potential (ODP): indice utilizzato per quantificare la capacita' distruttiva di ciascun fluido refrigerante nei riguardi dell'ozono calcolata, su base di ugual massa rilasciata nella bassa troposfera, rispetto ad un CFC assunto quale riferimento. Tale indice e' indicato con l'acronimo ODP, e la relativa scala e' riferita al fluido R-11, e puo' assumere un valore compreso fra 0 e 1 (CFC-12=1).

-) Global Warming Potential (GWP): indica l'impatto del refrigerante sul riscaldamento dell'atmosfera (effetto serra). Questo valore rappresenta il rapporto fra il riscaldamento globale causato in un determinato periodo di tempo (di solito 100 anni) da una particolare sostanza ed il riscaldamento provocato dal biossido di carbonio nella stessa. Esprime i chilogrammi equivalenti di anidride carbonica (CO2) rispetto ad un chilogrammo di gas refrigerante.

-) Halocarbon Global Warming Potential (HGWP): e' un indice simile al GWP con la sola differenza che non utilizza CO2 come parametro di riferimento bensi' l'R-11.

Il GWP e' un buon indicatore del riscaldamento globale ma non puo' essere ritenuto esauriente in quanto non tiene conto dell'impatto che avviene a monte e a valle del refrigerante (in centrale termica, per la produzione del gas, dell'energia elettrica necessaria al funzionamento, ecc.) pertanto l'AFEAS (Alternative Fluorocarbon Environmental Acceptability Study) ha studiato un nuovo indice che tiene conto anche di questi fattori: il TEWI (Total Equivalent Warming Impact) .

Il TEWI tiene conto non solo degli effetti diretti del refrigerante ma anche di quelli indiretti dovuti alle emissioni di CO2 per la produzione di energia in centrale. Il TEWI e' pertanto la somma di due componenti: la prima e' il CO2 emesso in centrale per l'energia elettrica utilizzata dal climatizzatore nel corso della sua intera vita operativa, mentre la seconda stima le perdite di refrigerante.

TEWI = M x GWP x  E x  T
M = massa del refrigerante (Kg)
GWP = Fattore di riscaldamento globale del refrigerante (KgCO2/Kg)
E = Energia utilizzata dal climatizzatore in un anno (Kw/h)
T = Vita operativa stimata del climatizzatore (anni)

Risulta evidente come la maggior parte delle emissioni di CO2 siano di tipo indiretto dovute all'energia utilizzata per il funzionamento dell'impianto e che pertanto e' essenziale utilizzare macchine con il COP piu'elevato possibile

IMPIEGO DEI FLUIDI REFRIGERANTI NATURALI NELLA FRIGOCONSERVAZIONE

In sostituzione dei refrigeranti sintetici vengono oggi presi in considerazione i fluidi refrigeranti naturali gia' utilizzati in passato che, grazie ad una maggiore sensibilita' alle problematiche ambientali, vengono oggi proposti con maggiore attenzione

Numerose ricerche sono state condotte per identificare famiglie di prodotti chimici che possono condurre al refrigerante ideale, sicuro sia per l'uomo che per l'ambiente e con  proprieta' fisiche ottimali per funzionare come un efficiente fluido di lavoro in refrigerazione. Le caratteristiche ideali dei suddetti fluidi possono cosi' riassumersi:

  • la sostanza deve essere volatile in un campo di temperature ben definito, con una  temperatura critica abbastanza alta (sopra la normale temperatura di condensazione  ambiente) ed un sufficientemente alto calore di vaporizzazione. Questo affinche' il ciclo  termodinamico inverso (Rankine) offra la miglior efficienza termodinamica possibile per un  sistema di refrigerazione;
  • la sostanza deve essere chimicamente stabile, cioe' non reattiva in contatto con le  varie sostanze (metalli, polimeri, fluidi lubrificanti etc.) che si possono utilizzare  come componenti meccanici in un sistema di refrigerazione, al fine di assicurare una lunga vita  ed affidabilita' ai sistemi;
  • la sostanza deve essere non riduttiva dello strato d'ozono, avere un basso GWP, non essere   infiammabile ed avere bassa tossicita' (acuta e cronica). Il costo, naturalmente, e' un fattore di grande importanza.

Nella tabella si riportano le caratteristiche di alcuni fluidi naturali, potenzialmente impiegabili  come fluidi refrigeranti, che hanno un GWP (Global Warming Potential) basso o insignificante. Tra questi i piu'interessanti risultano essere la CO2, l'aria, gli idrocarburi e l'ammoniaca                    

 

Refrigerante

Nomenclatura

ASHRAE

Composizione

Temperatura d'evaporazione (°C)

ODP

HGWP

Ammoniaca

R717

NH3

-33,6

0

0

Propano

R290

C3H8

-42,0

0

0

Isobutano

R600a

C4H10

-11,9

0

0

Acqua

R718

H2O

100,0

0

0

Anidride carbonica

R744

CO2

-78,4

0

0

Tabella 1. Caratteristiche di alcuni fluidi refrigeranti naturali

L'aria (R729), miscela di azoto (N2) al 76%, ossigeno (O2) al 23% e argon (A) all'1%, e' stata tra i primi fluidi ad essere utilizzati negli impianti di refrigerazione grazie alla facilita' di reperimento e alla sua non tossicita' e non infiammabilita'. e' stata utilizzata sia in impianti ad espansione diretta in cella sia come fluido confinato, ma l'avvento dei fluidi frigorigeni di sintesi chimica, a piu'elevata efficienza, hanno segnato la scomparsa di questo fluido negli impianti di refrigerazione. I problemi ambientali hanno ridestato l'interesse per tutti i fluidi naturali ed in particolare per l'aria che risulta il piu'sicuro, il meno tossico e in assoluto il meno inquinante. Il vero problema degli impianti ad aria risiede nella bassa efficienza e quindi il problema dell'inquinamento visto in termini globali, ossia effetto diretto ed indiretto, torna prepotentemente. La figura 1 mostra il diagramma entalpico dell'aria, mentre la figura 2 mostra un impianto per la refrigerazione di prodotti alimentari utilizzato sulle navi e risalente al 1890 realizzato dalla J&E Hall.


Figura 1. Diagramma entalpico dell'aria


Figura 2. Impianto di refrigerazione ad aria della J&E Hall


Figura
3. Schema di un impianto di refrigerazione ad aria con bootstrap compressore (per gentile concessione di Gigiel, Granryd, Novak,Nowacki, Stadtlander, Verschoor)

L'anidride carbonica (R744) e' attualmente il fluido frigorigeno naturale su cui sono poste le maggiori aspettativi da parte dei costruttori di impianti e quindi degli utenti. Molti di coloro i quali hanno dovuto abbandonare l'utilizzo dei CFC, infatti, hanno accettato con riluttanza gli apparenti inconvenienti dell'ammoniaca, come la sua tossicita' ed infiammabilita'. La CO2 viene riconosciuta come l'alternativa economicamente piu'vantaggiosa per gli impianti industriali dei magazzini refrigerati e gli impianti di congelamento, anche considerando i costi delle apparecchiature di regolazione. In alcuni casi, comunque, questa riluttanza ha indotto i progettisti di impianti a prendere in considerazione altri tipi di refrigeranti naturali.

Gia' negli anni trenta essa veniva utilizzata negli impianti di refrigerazione delle navi e per il condizionamento degli edifici, considerato che in entrambe le applicazioni veniva richiesto un refrigerante "sicuro". A suo sfavore giocano le proprieta' termodinamiche, ovvero la temperatura critica di 31 °C e la pressione critica di 74 bar. L'anidride carbonica viene gia' utilizzata in alcuni impianti, ma avra' sicuramente piu'successo in futuro, soprattutto per il suo trascurabile inquinamento ambientale e la sua efficienza energetica. Inoltre la CO2 si fa preferire in quelle applicazioni in cui le perdite non possono essere evitate e nelle applicazioni con maggiori efficienze energetiche, che possono essere raggiunte proprio mediante l'utilizzo di questo fluido e del suo ciclo caratteristico.

Il progetto di ricerca ha avuto lo scopo di definire le condizioni ottimali d'uso dell'anidride carbonica attraverso lo studio delle sue caratteristiche termodinamiche e dei relativi cicli frigoriferi applicabili a costi di installazione accettabili.

CARATTERISTICHE DEI CICLI FRIGORIFERI AD ANIDRIDE CARBONICA

Allorche' si disponga di un fluido di raffreddamento (aria o acqua) a temperatura inferiore a 20C, l'anidride carbonica puo' essere utilizzata come un qualunque altro fluido frigorigeno, operando in ciclo subcritico. Naturalmente il diverso livello di pressione richiede componenti e accorgimenti impiantistici adatti.


Figura
4. Ciclo frigorifero sub-critico a CO2

Quando il fluido di raffreddamento e' a temperature superiori a 20°C e' necessario operare secondo un ciclo detto transcritico

In linea di principio il ciclo transcritico ad anidride carbonica e' una combinazione del ciclo di Carnot e del ciclo di Joule: l'evaporazione avviene nella regione sub-critica, il rigetto del calore avviene nella regione trans-critica e, di solito, facendo riferimento al diagramma pressione-entalpia, al di sopra del punto critico. Questo comporta una similitudine con il ciclo di Joule, comunque in una regione che presenta una grande diversita' con le proprieta' del gas ideale.

Indicativamente quando l'aria esterna o il fluido di raffreddamento dello scambiatore di alta

pressione e' a temperatura superiore a 20°C il ciclo percorso (transcritico) e' 4 – 1' – 2' – 3'.


Figura
5. Ciclo frigorifero a CO2 sub-critico (1-2-3-4) e trans-critico (1'-2'-3'-4)

Quando l'aria o il fluido di raffreddamento entra nello scambiatore a temperatura inferiore viene percorso il ciclo 4 – 1 – 2 – 3 (subcritico).

Il primo modo di operare (transcritico) richiede un particolare controllo dell'alta pressione.

Dato che nello scambiatore di alta pressione non si ha piu'coesistenza di 2 fasi non e' piu'possibile il controllo dell'alta pressione semplicemente controllando la temperatura dello scambiatore, ma e' necessario un controllo indipendente

PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI FRIGORIFERI AD ANIDRIDE CARBONICA

In fase di progettazione devono essere seguiti particolari accorgimenti, molto diversi rispetto a quelli usati nei sistemi con refrigeranti convenzionali, sia per i sistemi funzionanti in regime subcritico sia per i sistemi funzionanti in regime supercritico, oltre a quanto detto per il controllo dell'alta pressione. A solo titolo di esempio si citano i seguenti punti, che non esauriscono la totalita' delle situazioni in cui un sistema con CO2 e' diverso da un sistema convenzionale con refrigeranti sintetici. Cosi' come accade per i refrigeranti sintetici, anche con l'impiego di anidride carbonica, il ruolo di cuore all'interno dell'impianto e' ricoperto dal compressore. Tuttavia il progetto e lo sviluppo di compressori per refrigerazione che evolvano CO2 presentano difficolta' non indifferenti, principalmente legate a:

-        pressioni di esercizio elevate e conseguenti elevate temperature di fine compressione:

L'uso della CO2 richiede, come si evidenzia dai cicli termodinamici, delle pressioni elevate quindi dei costi di installazione maggiori. Inoltre, i compressori di tipo semiermetico necessitano di un controllo molto accurato delle temperature del fluido. Infatti, e' facile raggiungere, anche con i sistemi frigoriferi aventi temperature di evaporazione intorno a     -10C, temperature di fine compressione prossime a 200C, eccessive per il compressore. E' necessario quindi verificare sia l'idoneita' e l'effettiva utilita' di eventuali scambiatori rigenerativi sia il controllo del surriscaldamento effettivamente realizzato dai dispositivi di espansione utilizzati.

-        Sollecitazioni meccaniche: l'anidride carbonica ha una capacita' volumetrica specifica pari a 5-10 volte quella dei refrigeranti sintetici comunemente impiegati al giorno d'oggi. Cio' dunque comporta sia volumi spostati inferiori, sia pressioni differenziali da 5 a 10 volte piu'alte fra monte e valle del pistone.

-        Elevate sollecitazioni termiche: nei compressori monostadio uno dei problemi di piu'difficile soluzione e' legato alle elevate temperature di mandata che si manifestano al crescere del rapporto di compressione. Cio' ha portato alla scelta di materiali idonei a tali applicazioni per la realizzazione dell'assieme piastra-valvole e all'impiego di lubrificanti caratterizzati da temperature di  flash superiori ai 200C. E' comunque necessario che la temperatura di fine compressione non ecceda i 160C per i modelli transcritici e 120C per i modelli subcritici.

-        Elevata solubilita' del refrigerante negli oli di tipo poliestere: gli olii di tipo poliestere sono estremamente solubili con l'anidride carbonica, con conseguente diminuzione del potere lubrificante della miscela olio-refrigerante che si viene a formare. Considerando tale fenomeno e' necessario che la temperatura dell'olio lubrificante sia sempre compresa tra i 30C e di 65C. Qualora si manifestassero temperature del lubrificante superiori ai 65C diviene necessario l'impiego di un raffreddatore dell'olio, dimensionato in modo tale da smaltire circa il 20% della potenza elettrica assorbita dal compressore durante il suo funzionamento.

-·        Necessita' di contenere il livello di rumorosita' e vibrazioni entro livelli accettabili: i compressori impiegati negli impianti frigoriferi ad anidride carbonica devono assicurare valori di compressione piuttosto elevati rispetto agli impianti tradizionali e questo comporta una maggiore rumorosita' e intensita' di vibrazioni. Per limitare tale inconveniente e' necessario operare un corretto equilibramento dinamico delle componenti meccaniche del compressore.

Durante gli ultimi anni, numerosi sono stati i tentativi di realizzare compressori per anidride carbonica di tipo aperto capaci di operare nelle condizioni precedentemente menzionate. Tuttavia le alte pressioni in gioco rendono estremamente critico il problema della tenuta sull'albero. Di conseguenza, il design piu'fruibile sembra essere quello relativo ai compressori di tipo semiermetico ed ermetico, a seconda della taglia di impianto nel quale le macchine debbano essere installate.

Anche la progettazione delle altre componenti del sistema frigorifero richiede l'adozione di particolari accorgimenti a causa delle peculiarita' fisiche dell'anidride carbonica.

Il calcolo dello scambiatore deve essere eseguito con metodologie diverse da quelle usate comunemente per i condensatori.

Anche l'equazione fondamentale dello scambio termico:

Q = Κ × S × ΔTml

puo' essere usata solo localmente, dato che il calore specifico, Cp, e' variabile. Il problema puo' essere risolto anche in questo caso usando strumenti di calcolo appropriati.

Nella progettazione degli evaporatori e' necessario considerare che il coefficiente di scambio termico convettivo lato CO2 e' decisamente piu'alto rispetto a quello che si ha con i refrigeranti HCFC o HFC. Tale proprieta' andra' dunque sfruttata senza pero' perdere di vista la necessita' di realizzare un componente caratterizzato da una resistenza meccanica necessaria a contenere pressioni piu'elevate.

I dispositivi di laminazione devono essere scelti tenendo conto della massima pressione di esercizio, che si verifica in condizioni di massima temperatura ambiente. Nei sistemi a espansione secca possono attualmente essere usate delle valvole di espansione termostatiche di tipo elettronico, dato che possono essere facilmente adattate per tutti i fluidi frigoriferi. Il principale vantaggio della CO2 e' di poter essere utilizzata ovunque in espansione diretta, dato che non esistono controindicazioni, ne' economiche ne' ambientali, nell'utilizzare cariche elevate, salvo la necessita' di prevedere opportune protezioni contro il rischio presentato da concentrazioni molto elevate in ambienti con elevata affluenza di persone.

Il metodo di calcolo delle perdite di carico puo' essere il medesimo che con i refrigeranti sintetici.

Alla luce delle sovraesposte caratteristiche dell'anidride carbonica e volendo effettuare un

confronto con i sistemi a R404A, gli impianti a CO2 presentano i seguenti vantaggi:

-        bassa caduta di temperatura di saturazione per una data caduta di pressione nelle tubazioni e nell'evaporatore,

-        migliori caratteristiche di scambio termico che permettono di:operare a temperatura di aspirazione piu'alta di circa 2-3K a parita' di temperatura di mantenimento della cella ed ottenere incrementi di efficienza molto piu'elevati a parita' di sottoraffreddamento in condizioni subcritiche.

Questi aspetti portano ad ottenere, negli impianti operanti con CO2, livelli di efficienza interessanti rispetto agli equivalenti impianti che utilizzano refrigeranti di tipo HFC

PRINCIPALI SCHEMI IMPIANTISTICI AD ELEVATA EFFICIENZA

Per poter effettuare un confronto tra i rendimenti energetici fra sistemi evolventi R404A e

sistemi evolventi CO2 e' necessario descrivere brevemente quali siano le principali tipologie

impiantistiche relative alle due tecnologie. Di seguito saranno descritti e posti a confronto diversi schemi di sistemi frigoriferi ad espansione diretta.

Lo schema di figura 6 rappresenta un classico sistema con R404A come refrigerante, preso come riferimento.


Figura
6. Schema di un sistema con R404A

Lo schema di figura 7 rappresenta un sistema di media temperatura indiretto, che oltre a raffreddare le utenze a 0°C, raffredda anche il condensatore di un sistema di bassa temperatura in cascata ad anidride carbonica


Figura
7. Schema di un sistema di media temperatura indiretto

A differenza del precedente, il terzo schema (fig. 8), sempre del tipo in cascata per la bassa temperatura, prevede il circuito di media temperatura e l'utilizzo di CO2 come fluido secondario a cambiamento di fase.


Figura
8. Schema di un circuito di media temperatura con CO2 come fluido secondario

Il problematico utilizzo dell'anidride carbonica e' essenzialmente dovuto alle elevate pressioni del ciclo trans-critico, che possono giungere fino a 140 bar. La tecnologia non e' sufficientemente matura da offrire compressori in grado di raggiungere pressioni di almeno 90 bar, sufficienti a consentire l'applicazione di cicli ad espansione diretta con anidride carbonica.

Tali limiti tecnici hanno reso necessario fino ad oggi un'applicazione dell' anidride carbonica esclusivamente come fluido refrigerante per cicli di tipo indiretto.

Attualmente le aziende produttrici di compressori stanno investendo molto nella ricerca per lo sviluppo di compressori che possano funzionare ad elevate pressioni e permettere quindi di utilizzare l'anidride carbonica in cicli trans-critici.