TORNA ALLA PAGINA INIZIALE
CENTRO STUDI GALILEO

 

Gli impianti di refrigerazione magnetica non hanno perdite

Neil Wilson
Camfridge Limited
Per gentile concessione di ACR Today

Due argomenti all'attenzione delle migliori menti degli ingegneri sulla refrigerazione oggi potrebbero certamente essere il contenimento delle perdite di refrigerante e l'efficienza energetica dell'impianto.

Se un impianto ad aria condizionata potrebbe dare efficienza di 10 o più, con zero perdite di refrigerante, le linee di produzione viaggerebbero giorno e notte.

Questo perciò mette in contesto il lavoro massacrante di base essendo finanziato da un piccolo ma molto qualificato team di ingegneri di ricerca a Cambridge, una ditta supportata dall'Università  di Cambridge e altri investitori.

Il fulcro della loro ricerca è nelle applicazioni dell'effetto magnetocalorico nella refrigerazione magnetica. Sebbene ancora a un primo stadio di sviluppo, con solo prototipi testati in panchina e modelli teorici al computer, il risultato proveniente da questa ricerca è davvero molto incoraggiante.

Refrigerazione magnetica

L'effetto magnetocalorico è conosciuto da molti anni ed è essenzialmente semplice da dimostrare.

Il magnetismo di un materiale è direttamente correlato alla sua temperatura e questo effetto può essere aumentato quando è applicato un campo magnetico esterno. Quando un materiale magnetico si trova in un campo magnetico, in condizioni adiabatiche, la temperatura del materiale salirà , nel diagramma dal punto A al punto B. Se al materiale è concesso di raffreddarsi fino al punto C e poi il campo magnetico viene tolto, il materiale è ora più freddo al punto D che al punto di partenza originale A. Questo è il principio termodinamico di base, conosciuto come Ciclo Brayton.

Ciclo "Active Magnetic Refrigeration"

Un ciclo magnetico termodinamico più funzionale, che a Cambridge si crede potrebbe essere la base di un sistema di refrigerazione altamente efficiente, è il ciclo "Active Magnetic Refrigeration" (AMR), sviluppato per primo dalla NASA nel 1970.

L'idea di base è di formare una composizione permeabile di refrigerante magnetico, a cui un campo magnetico può essere periodicamente applicato e attraverso il quale un fluido rigenerativo come l'acqua può poi passare, avanti e indietro.

Essenzialmente, il flusso di fluido rigenerativo lungo il materiale magnetico e i cicli acceso e spento del campo magnetico, creano un gradiente di temperatura nel materiale, il quale p poi essere usato per assorbire un carico di calore esterno.

Il COP e'¨ calcolato come la differenza netta tra un lavoro fatto, sia nel creare un campo magnetico sia nel pompare il fluido rigenerativo, e la refrigerazione ottenuta. Attualmente nei loro laboratori a Cambridge, stanno raggiungendo una refrigerazione inferiore a 10W ma aumentando la frequenza a cui il campo magnetico p essere applicato, la società  sta prevedendo una potenza refrigerante superiore a 1kW a un COP di 10.

Naturalmente, il problema è nel dettaglio. I cambi di temperatura in un semplice ciclo AMR sono troppo piccoli per avere un valore pratico, quindi sistemi a cascata, speciali materiali magnetici sviluppati e metodi di scambio di calore attentamente progettati devono essere tutti impiegati.

Si viene a stimare che la chiave reale per commercializzare questo effetto è  la velocità con la quale il ciclo può essere fatto operare.

La commercializzazione è probabilmente questione di molti anni ma è importante vedere l'Inghilterra prendere una posizione internazionale in questo lavoro pionieristico.